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“Lei ha mai sentito una pistola puntata alla tempia?”: la lettera di Patrizia Cadau a Barbara Palombelli

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La consigliera comunale di Oristano patrizia Cadau (M5s) ha replicato alle parole di Barbara Palombelli pronunciate durante la trasmissione Forum in cui la giornalista ha alluso alla possibilità che alcuni autori di femminicidi e violenza di genere potessero essere stati provocati da donne «esasperanti».

Cadau ha replicato con una lettera in cui racconta la sua odissea di violenza subita.

«Gentilissima Barbara Palombelli, Questa nella foto sono io, e ci tengo subito a precisare che no, non me la sono andata a cercare, non sono mai, mai, mai stata aggressiva, che non sono mai stata una donna esasperante.

Ci tengo a sottolinearlo, a nome mio, e a nome di tutte le sopravvissute, perché l’aggravante dei violenti di casa è proprio quella di approfittare di donne che sono già mezzo morte, dopo anni di soprusi, fatica, intimidazioni, anche di fatica a mantenerli questi uomini violenti, perché sono parassiti che sanno come approfittare delle situazioni.

Quindi no, non avevo fatto niente, né quella volta né tutte le altre: eppure ciò non mi ha risparmiato dall’essere addirittura sequestrata in casa mia, di mangiare e dormire insieme ai miei figli chiusi a chiave di nascosto. Anche mangiare di nascosto, perché secondo il violento con i soldi di casa non si poteva mangiare. Noi, ovviamente, non lui.

Non ho fatto niente, se non addirittura intestargli il mio patrimonio immobiliare e tutti i miei soldi, pur di sopravvivere, e sia chiaro, l’ho fatto con una pistola puntata alla testa e la minaccia che mi avrebbe ammazzato i figli, che poi sono di entrambi, quindi suoi. E non è comunque bastato uguale a liberarmene.

Non ho fatto niente ma questo non ha impedito al violento di continuare ad abusare di me e dei miei figli anche con la minaccia armata. Palombelli, lei ha mai sentito la canna di un’arma premuta alla testa o in bocca? No vero? Si ritenga fortunata e non ci faccia la morale con tanta spocchia.

Palombelli, ritengo che lei sia parte del problema, non me ne voglia: ritengo la sua cultura, causa di quanto è accaduto e continua ad accadere a me, la ritengo responsabile del silenzio e dell’omertà cui siamo costrette a vivere grazie a parole come le sue: di una violenza insopportabile.

La ritengo responsabile e a questo punto dovrebbe solo chiedere scusa. A tutte. A tutte quelle che si alzano la mattina e non sanno se la sera saranno ancora vive per raccontare quello che le sto raccontando io».

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