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Sardegna terra di ospitalità, a Quartucciu il benvenuto alle famiglie di profughi afghani

La Sardegna terra di accoglienza e ospitalità. Oggi un’altra dimostrazione, tra le più belle, a favore dei più deboli. Alla sala consiliare dei Municipio di Quartucciu il benvenuto di un’intera comunità alle famiglie dei profughi afghani accolte nei Cas della Caritas diocesana di Cagliari.

15 persone: 3 famiglie, uomini, donne, bambini. Una mamma allatta il suo piccolo, un altro bimbo invece gattona nella sala, forse curioso del nuovo mondo in cui è arrivato. Nei loro occhi tanti i sentimenti insieme: la paura per quanto visto e vissuto, in un Paese che sino a poco tempo fa sembrava avviarsi verso il progresso, ora invece piombato nell’incubo; la tristezza per aver lasciato le loro case e la loro terra; ma anche il piacere della scoperta di una terra, quella sarda, disposta ad aprire loro le porte e i cuori.

Dopo la tragedia che ieri ha sconvolto e ferito la comunità, Quartucciu oggi è ripartita dai sentimenti a lei tanto cari, dell’umanità e della fraternità. “Dobbiamo spronarci a essere positivi, attenti a tutte le richieste di aiuto. Accogliere è un dovere di tutti coloro che hanno sensibilità verso la persona”, le parole del sindaco Pietro Pisu ad aprire l’incontro.

Presenti autorità civili e religiose, come il direttore della Caritas don Marco Lai e l’arcivescovo metropolitano di Cagliari Monsignor Giuseppe Baturi. Insieme a loro, fra i vari,  il dirigente scolastico Paolo Cocco, il tenente colonnello Fabio Cadeddu, il maresciallo Ignazio Faedda, così come il mondo dell’associazionismo culturale e sportivo.

 

 

Un mediatore linguistico, un amico di Italia e Afghanistan, si fa carico di raccontare il suo Paese e le storie di chi, sotto il terrore talebano, ha dovuto lasciare tutto. “Il nostro era un Paese tranquillo, dove tutto andava bene. Poi il movimento dei talebani, dopo che gli americani e la Nato hanno deciso di lasciare l’Afghanistan. I talebani hanno preso una città dopo l’altra, cercando, e uccidendo insieme alle famiglie, coloro che hanno collaborato con l’Occidente”.

Tante le storie e i travagli dietro ognuno di loro. Il duro viaggio di due giorni dalla loro città all’aeroporto di Kabul è ancora impresso nella loro mente, negli occhi ancora quelle migliaia di persona assiepate alla ricerca di una via di fuga dal cielo. Tanti però non ce l’hanno fatta e sono rimasti lì. Uomini costretti a seguire folli leggi mai contemplate dall’Islam, donne ora costrette a stare a casa, rinunciando ai loro sogni e al loro futuro. “Siamo tornati indietro a 20 anni fa”.

“Benvenuti in nome di Dio – le parole calorose di Monsignor Baturi – diritto dei popoli sono la libertà e la vita. Ogni uomo è mio fratello, merita di essere amato. E l’accoglienza di oggi custodisce la nostra identità di popoli e di europei”.

La diffusione della collaborazione e dell’accoglienza, nelle parole dell’Arcivescovo, che passa attraverso un capisaldo imprescindibile, espresso nelle parole di Fabio Cocco: “Diritto e dovere all’istruzione. Siamo pronti ad accogliere tutti i ragazzi in età scolare”.

Ora la speranza nei cuori di queste famiglie afghane. Quella di una nuova vita, qui nella nostra Isola. “La città di Quartucciu ha già ospitato altri profughi, negli anni passati, provenienti da altri Paesi”, sottolinea don Marco Lai.  “Il progetto dei Cas, nel quale siamo inseriti, coinvolge tutti le componenti della comunità. – spiega- Lo spirito è quello della accoglienza e il Cas serve a includere nei percorsi integrativi. Per queste famiglie è importante sentirsi a casa propria”.

Dalla comunità sarda la risposta è stata munifica, in tanti, in ogni modo, hanno già manifestato piccole e grandi forme di fratellanza. “Bisogna andare oltre l’aspetto emergenziale e costruire la cultura del dialogo e dell’accoglienza”, le parole di don Marco.

Ora nel cuore di queste famiglie c’è la voglia di ricominciare, qui, nel nostro Paese. L’italiano è ancora una lingua distante, ma la forza della fratellanza supera le barriere linguistiche. “Ringraziamo l’Italia per tutto. Qui è come stare a casa”.

 

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