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Scuola e green pass, una docente sarda non vaccinata: «Tampone ogni 48 ore? Esistono alternative»

Ultime ore di vacanze, prima dell’inizio del nuovo scolastico in Sardegna.

Da mercoledì 1°settembre, infatti, al via i collegi docenti in diversi istituti per pianificare il lavoro del 2021/2022. Questi, però, sono giorni di preoccupazione di una docente precaria isolana, che vede con ansia la prossima introduzione del green pass obbligatorio nel mondo dell’insegnamento ai ragazzi.

Lo sfogo, suo e di chi è nella sua stessa situazione, appartenenti a un gruppo sorto su WhatsApp, è arrivato diversi giorni fa a varie testate giornalistiche.

Certificazione verde obbligatoria per personale scolastico e universitario, nonché per gli studenti degli Atenei. Questa dovrà attestare di aver fatto almeno una dose di vaccino, oppure essere risultati negativi ad un tampone molecolare antigenico o rapido nelle 48 ore precedenti, oppure essere guariti da Covid-19 nei sei mesi precedenti. La professoressa, però, non vaccinata per sua scelta, vive ore di preoccupazione. «Noi docenti non vogliamo essere chiamati no-vax, pretendiamo chiarezza sui vaccini sui quali è lecito avere dubbi e timori».

Per poter continuare in presenza il suo lavoro di insegnante, impegnata sino alla fine del mese di settembre in tre plessi del Sud Sardegna per il progetto Iscola, avrebbe una sola scelta: sottoporsi al tampone ogni 48 ore. «Non è assolutamente fattibile e può essere pure una pratica dolorosa. Presidi come ispettori per la salute? tutto ciò non è ammissibile, i presidi svolgono un compito di leadership educativa e pedagogica, ogni distrazione potrebbe causare un danno e non può essere individuato il dirigente per un adempimento che non attiene al suo ruolo».

Tuttavia, anche optando per la soluzione del tampone ogni due giorni, per la professoressa subentrerebbero altri problemi non da poco. «L’unica farmacia che offre questo servizio, rilasciando certificazione a me utile, dista 30 km da casa mia. Ciò significa che io non potrei entrare in classe prima della ricreazione, contando tutte le tempistiche, compresa quelle di spostamento».

La docente propone allora delle possibili soluzioni. «I tamponi salivari molecolari, semplici all’utilizzo, possono essere un valido supporto per monitorare la situazione delle comunità scolastiche ed evitare il ricorso alla didattica a distanza. E l’esito ha una grandissima attendibilità. Esistono poi tamponi rapidi estremamente attendibili e meno invasivi, già usati in altri Paesi. Noi vogliamo i test salivari a campione sugli studenti che torneranno in classe, ma anche il personale scolastico deve essere coinvolto nello screening».

Preoccupazione doppia per l’insegnante, dato che, accanto alla professione di docente, coltiva lo studio universitario ed è prossima alla sua quarta laurea in Didattica dell’Italiano per gli stranieri a Sassari. Due esami da sostenere ancora, in Dad, poi altra ambitissima corona d’allora. Discussione in presenza? Eventualmente sì, ma solo col green pass. «Il mio lavoro e i miei titoli sono troppo importanti per me. Continuiamo a lottare. Altrimenti sarò costretta, per non perderli, a sottopormi al vaccino».

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