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Se le questioni dappoco di stolti “bipedi” sono capaci di distruggere mille anni di storia

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Immaginate che sia un giorno d’estate della seconda metà del XIV secolo. Nel verde e lussureggiante Montiferru, la giudicessa Eleonora, figlia di Mariano IV e di Timbora di Roccaperti, si concede una passeggiata a cavallo, in cerca di un po’ di refrigerio e di un luogo ameno in cui riordinare i logoranti pensieri tipici di una regnante capace, ma circondata di nemici.

A un certo punto scorge un olivastro rassicurante, la cui chioma costruisce sul prato un’ombra ampia e invitante. Le radici sono ben salde e piantate a terra, l’albero gode di una salute eccellente e il fruscio delle sue foglie rinsecchite dal sole estivo offrono la cornice ideale per una pausa. La giudicessa invita le sue guardie a fermarsi qualche decina di metri prima di lei. Vuole stare sola, in compagnia di quell’olivastro che odora di Mediterraneo.

Lì Eleonora pensa alla sua gente, alle sue alleanze e alla sua Isola che vorrebbe forte e unita, a partire da quel giorno e per tanti secoli ancora. Forse tutto questo non è mai accaduto, forse è successo davvero, sicuramente è plausibile che la più grande donna sarda della storia lo abbia ammirato con i suoi occhi visto che l’olivastro di Tanca Manna a Cuglieri alle fine del ‘300 aveva già diversi secoli di storia alle spalle.

Potrebbe esservi sembrata una digressione esagerata quella che vi abbiamo invitato a leggere, ma sotto quell’albero – è importante che si sappia – in più di mille anni di storia si sono fermati regnanti, contadini, pastori e guerrieri. Oggi non sarà più possibile perché i discendenti di Eleonora d’Arborea e di tutti gli altri “bipedi” che lo hanno ammirato e rimirato nei secoli non sono stati capaci di custodirne la bellezza.

Si parla di un’auto incendiata nelle campagne del Montiferru e di tante altre possibili cause alla base di un rogo che ha devastato uno dei polmoni verdi dell’Isola, ma solo le indagini, forse, saranno in grado di dirci perché il grande vecchio di Cuglieri sia stato distrutto per sempre insieme alla sua magnificente cornice naturale. Di sicuro possiamo prendere atto dell’incapacità della nostra specie umana – nella fattispecie della specie umana abitante la Sardegna – di prendersi cura della propria casa.

Perché quell’olivastro era uno dei guardiani più saggi ed esperti del nostro giardino, della nostra terrazza verde sul mare. E noi, lasciando che 20mila ettari di natura bruciassero senza sosta, abbiamo dimostrato che non siamo stati in grado di difenderlo. Lui ci ha regalato oltre mille anni di bellezza, noi lo abbiamo condannato a morire prima del tempo.

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