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Accadde Oggi: 22 luglio 2011, strage di Utoya, Norvegia. Anders Breivik uccide 69 persone

strage di Utoya

22 luglio 2011: una data impressa con dolore nella memoria della Norvegia e del mondo intero, il giorno delle stragi al campo estivo di Utoya e a Oslo, due attacchi consecutivi che hanno provocato morte, terrore e sgomento in un Paese noto per la sua pace e stabilità; tutto ebbe inizio nel cuore della capitale norvegese, quando un’autobomba esplose in pieno centro, causando la morte di 8 persone e trasformando Oslo in una zona di guerra, con edifici devastati, fumo denso nell’aria e sirene che spezzavano il silenzio, ma quello che sembrava già un attentato devastante fu solo il preludio di un orrore ancora più grande, perché, poco dopo, a circa 40 chilometri di distanza, sull’isola di Utoya, un uomo armato aprì il fuoco su un campo estivo del Partito Laburista, dove si trovavano giovani tra i 14 e i 20 anni, riuniti per discutere di politica, socialità e impegno civile, uccidendo 69 di loro in una delle peggiori stragi giovanili della storia europea contemporanea; due attacchi, un’unica mano: Anders Behring Breivik, arrestato in flagrante proprio a Utoya, autore di un piano lucido e brutale, motivato da ideologie estremiste e da un manifesto di odio che lasciò sgomenti politici, esperti e opinione pubblica internazionale; in quel giorno, la Norvegia perse la sua innocenza e si trovò costretta a confrontarsi con la violenza cieca del terrorismo interno, con il dolore insostenibile delle famiglie spezzate e con le immagini indelebili di un massacro che ha cambiato per sempre la storia del Paese e la vita di chi è sopravvissuto.

Vittime di Utoya

Aveva pianificato tutto con estrema cura, aveva acquistato i componenti per costruire l’ordigno da far deflagrare nel cuore del Regieringskvartalet, il ‘quartiere del governo’ a poche centinaia di metri dal Parlamento. E li aveva assemblati in una fattoria in mezzo alla campagna affittata solo tre mesi prima. Un attentato di ‘depistaggio’ che doveva servire (e cosi’ e’ stato) ad attirare gli uomini dell’antiterrorismo e i soldati dell’esercito nel cuore della capitale norvegese, senza prestare attenzione a quell’uomo vestito da poliziotto che si dirigeva verso Utoya, dove 650 giovani attivisti del Partito laburista erano riuniti per il tradizionale appuntamento estivo per una vacanza di formazione.

La bomba di Oslo è esplosa alle 15.26: otto i morti (sette subito, uno dopo alcuni giorni in ospedale), numerosi i feriti. Mentre si rafforzavano le misure di sicurezza in tutti i luoghi del potere e i membri della famiglia reale venivano portati al sicuro, Breivik si stava già dirigendo verso Utoya. Quando e’ arrivato, poco meno di tre ore dopo l’esplosione a Oslo, ha subito eliminato l’unico agente armato che c’era sull’isolotto. Poi ha sparato per oltre un’ora e mezza contro ragazze e ragazzi indifesi, che tentavano di nascondersi o fuggire buttandosi in mare, o rimanevano pietrificati a implorare pietà di fronte a qualcosa che non potevano capire.

L’assassino si è arreso alla polizia senza opporre resistenza quando si è reso conto di non avere più vie d’uscita. Ma dal suo primo sparo era passata un’ora e mezza e i dodici ettari di abeti e betulle erano ormai trasformati in un inferno disseminato di cadaveri. Il killer di Utoya ha continuato a provocare lo Stato e mostrare disprezzo per le 77 vittime che uccise nel 2011. Breivik, che è stato condannato a 21 anni di carcere ha fatto causa allo stato norvegese denunciando “condizioni di detenzione inumane”. Nell’aprile del 2016, la corte, presieduta dalla giudice Helen Andenaes Sekulic, gli ha dato ragione su questo punto, decidendo che le autorità dovranno al terrorista un indennizzo di 330mila corone norvegesi, cioè circa 35mila euro, per i cinque anni trascorsi in stretto isolamento. “Lotterò fino alla morte per il nazismo”, ha dichiarato Breivik entrando in aula, e dopo aver salutato i suoi avvocati con il saluto nazista.

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