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“Scendere in profondità per guardarsi dentro”: intervista al recordman italiano di apnea Umberto Pelizzari

Uno scenario da sogno e un docente da record per lo stage di apnea organizzato dall’ASD Unacapovoltanelblu scuola di apnea di Olbia ( fondata da Marco Bulleri) all’ Hotel Resort & SPA Baia Caddinas.

Appassionati di apnea provenienti da tutta Italia si sono dati, lo scorso weekend, appuntamento a Golfo Aranci, per apprendere – grazie a sessioni teoriche e pratiche – i segreti dall’apnea dal pluriprimatista mondiale Umberto Pellizzari.  Le lezioni si sono svolte nelle acque vicine al promontorio di Capo Figari e nelle magnifiche piscine dell’Hotel Baia Caddinas di Golfo Aranci.

Al termine di questa tre giorni appassionante, abbiamo avuto il piacere di parlare con Umberto Pelizzari di apnea, come disciplina sportiva ma anche come stato del corpo e dell’anima.

 

 

Come è stata l’esperienza al Baia Caddinas? Che ricordo avrai di questo stage in terra sarda?

È stato uno degli stage meglio riusciti dal punto di vista logistico, perchè ciò che è servito al team era molto vicino e non si è perso tempo per i trasferimenti. La zona e l’hotel sono incantevoli e si è respirata una bellissima atmosfera: non avrebbero potuto organizzarlo meglio. Ormai una voce importate del mio lavoro è quella legata alla didattica, quindi do molta importanza a questi momenti di incontro. Gli allievi sono stati fantastici. Il gruppo era eterogeneo: alcuni alle prime esperienze, altri con performance importanti alle spalle. Avevamo un istruttore ogni due/tre allievi, quindi abbiamo lavorato davvero bene, sia in mare che in piscina. Tutti si sono dati da fare e abbiamo chiuso questa tre giorni in bellezza.

Come è nato il tuo amore per l’acqua? È vero che la temevi da piccolo?

Mia mamma mi ha mandato in piscina quando avevo circa cinque anni per farmi superare la paura dell’acqua. Io piangevo anche quando dovevo fare la doccia, figurati. Temevo proprio l’acqua addosso e soffrivo di claustrofobia. Dopo un anno di piscina ho iniziato a praticare il nuoto a livello agonistico e ad avvicinarmi alla mia vera passione, l’apnea. L’acqua è diventata poi il mio elemento. Ai miei tempi era difficile creare collegamenti con i protagonisti dell’apnea: non c’era internet, non c’erano scuole o corsi. Ricordo di aver scritto delle lettere ai due campioni del tempo, Enzo Maiorca e Jacques Mayol, senza ottenere risposta. Quindi ho cercato di trovare il mio percorso da solo, con il tempo, partendo dalla piscina di Busto Arsizio, la città dove sono cresciuto.

L’apnea insegna, come dici spesso, a gestire stress e fallimenti: tu come li vivi?

Tutti noi abbiamo un’arma potentissima che purtroppo usiamo poco, che è la respirazione. Respiriamo male e non capiamo come questo gesto naturale, che ci accompagna da quando siamo nati, possa essere importante per gestire stress e ansia. Ho tenuto, durante il lockdown, dei corsi online sulla respirazione e ci siamo accorti più che mai dell’utilità di questo “strumento” nella vita di tutti i giorni. Quando sei stressato e si alzano la frequenza cardiaca e la pressione, tutto sembra muoversi contro: la scelta di tornare sul proprio corpo e di respirare in un certo modo aiuta a riprendere in mano il controllo e a risolvere quei problemi che alla fine non esistono perchè li hai creati tu. Per quanto riguarda i fallimenti, fanno parte della vita come dello sport e sono necessari per la cresciuta personale e per quella dell’atleta. Sono bagni di umiltà che ci aiutano a ritrovare l’equilibrio, a ristabilire le priorità e a cercare di migliorare.

 

Il concetto di stare in apnea, per la maggioranza di noi, ha un’accezione negativa. Per te, invece, è legato al benessere: ci spieghi perchè?   

Spesso ci viene chiesto: “Ma voi apneisti come fate a trovare piacere in un gesto innaturale per l’uomo come quello di trattenere il fiato?”. La risposta sta nella preparazione a cui ci sottoponiamo: se tu prepari il tuo corpo all’apnea, la mancanza d’aria sprigionerà un senso di benessere. Noi pensiamo che nella respirazione ciò che conta di più sia il momento dell’inspirazione, quando si porta dentro l’aria. Invece se il tuo obiettivo è rilassarti, conta di più il momento dell’espirazione, del buttarla fuori. Perché quando espiri, attivi il sistema nervoso parasimpatico, che è quello che ti regala calma, quiete, rilassamento e controllo. È su questa parte che bisogna porre attenzione per trovare equilibrio fisico e mentale ed è questo che rende l’apnea un viaggio di benessere e un’esperienza stupenda con il proprio corpo.

L’apnea quindi è uno stato del corpo ma anche uno stato dell’anima? Nella vita privata riesci ad applicare questi concetti?

Questo dovresti chiederlo a chi mi sta vicino. Mia moglie e mia madre direbbero di no, probabilmente ( ride, ndr). Credo che se un uomo riesce a trasformare quello che è un bisogno primario per vivere, quello di respirare, in un qualcosa di sostituibile, come non fosse una priorità e a far diventare il momento della “mancanza” un momento prezioso e piacevole, allora quell’uomo riuscirà a dominare anche altre sensazioni del suo corpo. Quindi l’apnea, sì, può aiutare a gestire anche altri aspetti della vita. Ecco perchè credo che i corsi di apnea riscuotano questo grande successo. La gente non li frequenta perchè desidera scendere a 150 metri di profondità ma per scoprire come, stando rilassata nell’acqua, possa trovare del benessere lavorando su corpo e respirazione. Quando terminiamo un corso con la nostra Academy sottoponiamo ai partecipanti un questionario. Quando si chiede loro perchè abbiano deciso di fare apnea rispondono quasi tutti parlando di obiettivi, tecnica ect. Quando invece si chiede cosa li abbia resi più felici dell’esperienza, rispondono tutti parlando di rilassamento, quindi stando ben lontani dal concetto di performance.

La tua è una disciplina chiaramente individuale ma spesso sottolinei l’importanza che ricopre, nel raggiungimento dei risultati, il team che ti sta intorno. 

La regola numero uno nell’apnea è quella relativa alla sicurezza. Quindi non si può pensare a questo sport senza un team di persone capaci che ti affiancano e di cui hai massima fiducia. Io mi ritengo molto fortunato, ho intorno a me dei professionisti incredibili e delle grandi persone. Però è anche vero che quando fai la capovolta e ti allontani dalla superficie, fai il vuoto intorno a te ed inizia un viaggio solo con te stesso. Oggi manca questo contatto con la propria anima, questo ascolto del proprio corpo e manca la capacità di individuare le zone di stress e di farle rilassare.

 

 

Cosa si prova a superare un record, a superare un proprio limite?

La gioia della conquista. È un atteggiamento tipico dell’uomo quello di cercare di superare i propri limiti, ha segnato l’evoluzione umana. Se l’uomo ha deciso di camminare, di inventare la ruota e oggi siamo qui con telefonini e aerei è perchè l’uomo non si accontenta mai. È nella nostra natura la volontà di superarli, succede a tutti, ogni giorno, in ogni ambito. Lo sport, poi, sicuramente ne è l’esempio perfetto, il concetto di no limits è molto legato alle discipline sportive.

Un record che ricordi con particolare piacere?

Direi il primo e l’ultimo. Il primo perché nessuno pensava che uno sconosciuto di Busto Arsizio arrivasse a battere Pipin Ferreras. L’ultimo, quello dei 150 metri, invece, perchè la medicina sosteneva che non fosse possibile raggiungere quella profondità. Abbiamo dimostrato come non ci si debba far chiudere dentro limiti precisi indicati dagli altri.

Perché hai lasciato quando eri il più forte di tutti?

Ogni atleta che ha raggiunto importanti traguardi deve, prima o poi, prendere la decisione di lasciare il mondo agonistico. Avrei lasciato due anni prima, figurati. Volevo i tre record e li ho ottenuti, ero soddisfatto e pronto per dedicarmi ad altro. Hanno cercato di farmi cambiare idea ma sentivo che era il momento di fare altro, di girare il mondo, di cimentarmi con altre avventure, come i documentari e l’Academy.

«Il sub si immerge per guardare, l’apneista per guardarsi dentro» si legge spesso. Tu cosa provi quando ti trovi solo nella profondità del mare?

È difficile da dire, più che immagini sono sensazioni. La sensazione è che resti la testa, che il corpo sparisca. È una delle cose più belle. Maiorca in un suo libro dice che non si ricorda, chiaramente, del primo respiro fatto quando veniva al mondo ma che tra quel primo e quelli fatti dopo l’uscita dall’acqua da un tuffo a fondo c’era sicuramente un legame. Perché quei due respiri lì hanno segnato il passaggio da una vita acquatica a una terrestre.

Hai tre figli. Sei riuscito a trasmettere anche a loro l’amore per l’apnea?

Non gliene frega nulla dell’acqua ( ride, ndr). Ho provato a farli avvicinare a questo mondo ma vedendo che avevano interessi diversi, non ho insistito. Credo che ognuno abbia il diritto di trovare la strada che sente più congeniale. Gli unici momenti “acquatici” che viviamo insieme solo quelli in vacanza al mare. La Sardegna è sicuramente uno dei nostri luoghi del cuore, è una terra meravigliosa a cui sono molto affezionato.

Parliamo della vostra Apnea Academy: perchè dedicarsi all’apnea oggi, perchè proporla ai giovani?

Perché è un’occasione pazzesca per scoprire il tuo corpo in modo diverso, per sentirsi in contatto con il Tutto. Sovverti le regole della fisica, fai le cose “al contrario”, è una bella avventura. Ti rendi conto, poi, che quelli che consideravi essere i tuoi limiti, in realtà sono superabili. Godi di sensazioni bellissime come la libertà, l’assenza di pesa e il rilassamento totale che non puoi percepire in altro modo. L’apnea diventa una scoperta del tuo corpo, entri in acqua e non pensi più a nulla: ti ricarichi e lasci tutto fuori. Per i più giovani credo possa essere anche una grande scuola di vita: aiuta a trovare il proprio centro e a coltivare il rapporto con se stessi e con la propria crescita. Ogni tuffo, poi, ha il sapore irresistibile della scoperta: è un’occasione per guardarsi dentro e confrontarsi con le speranze, i limiti e le ambizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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