Site icon cagliari.vistanet.it

Il sogno di Alessandro Fancellu, giovane promessa del ciclismo. “La tempra è quella del campione”

Alessandro Fancellu: segnatevi questo nome. Soprattutto gli appassionati di ciclismo. È considerato uno dei giovani (è nato il 24 aprile del 2000) più promettenti con le sue doti da scalatore.

 

Figlio di Salvatore, un emigrato sardo proveniente da Olbia, dove ancora vivono i nonni e il resto della famiglia paterna, Alessandro è nato in provincia di Como e risiede a Binago a pochi chilometri dal Lario, un paesino di 5mila abitanti che sono soprannominati Scusaritt, che nel loro dialetto vuol dire “grembiuli”, per via di una storia legata al folclore locale. La mamma Monia valtellinese, della zona dell’Aprica, ha trasmesso al giovane la passione per la montagna.

Avrebbe dovuto essere il 2021 l’anno del grande balzo nel professionismo delle due ruote, ma il complicato anno vissuto con il covid, hanno indotto i suoi manager, e si parla di Alberto Contador, il campione spagnolo vincitore di Tour de France e Giro d’Italia, e il nostro Ivan Basso, a sua volta vincitore della corsa Rosa a tappe, a ridisegnargli il futuro. Per Alessandro Fancellu si prospetta una nuova stagione tra i “Professional” della Kometa Xstra, dove è comunque il più giovane, prima del balzo nel “WorldTour” dei campionissimi.

La storia di Alessandro in bicicletta è di quelle che fanno appassionare e inizia all’Aprica, località in cui la famiglia trascorreva le vacanze. Nell’estate dei suoi 13 anni, infatti, il ragazzino si accorge delle indicazioni per il Mortirolo e con la sua mountain bike inizia a pedalare. Sino a giungere alla vetta. E la sera, mentre lo racconta orgoglioso in famiglia, il padre Salvatore gli racconta: “Dovevi vedere cosa ha fatto Pantani sul Mortirolo!”.

È la scintilla. Alessandro s’incuriosisce con i video presenti in internet e inizia a scoprire la storia di un ragazzo con pochi capelli che in bicicletta sapeva volare. “Pantani è diventato il mio idolo – dice – anche se non l’ho mai visto né conosciuto. Cominciai a guardare quei video e mi resi conto che oltre a saper vincere, Marco era capace di farti innamorare. E fu per questo che decisi di fare il corridore”.

La bicicletta per Alessandro è fatica. Ma quando sta bene, la salita è anche divertimento. Dà soddisfazioni, anche prima dell’arrivo, quando capisci di essere andato bene. “Mi sento uno scalatore, ho sempre adorato la salita più di ogni altra cosa – ammette – ma dallo scorso anno sono diventato più veloce e sono migliorato a cronometro”

Se pensa alle gioie di una gara, gli viene in mente quando ne vinse una in particolare tra gli juniores con la maglia gialloblù del Club Ciclistico Canturino: “Era la Venaria Reale-Sestriere: per uno scalatore trionfare lì ha un’importanza particolare”.

Per arrivare a certi livelli, in fondo, bisogna continuamente migliorare, anche dove si è meno forti. E infatti, se gli si chiede chi è il suo modello tra i big attuali, la risposta è: “Vincenzo Nibali, che vince e dà il massimo anche in corse che non sono “sue” come peculiarità”. 

 

Nella sua giovane carriera da ciclista non c’è solo l’incrocio con Contador, il ciclista iberico che in salita dava spettacolo e creava solchi importanti nei confronti dei suoi avversari, ma anche quello con Basso. Un altro che, pur non essendo uno scalatore puro, ha costruito i suoi successi più rilevanti sulle grandi montagne. Ivan lo ha portato alla Kometa e lì Fancellu si sta affinando senza bruciare le tappe: “All’inizio ho fatto un po’ di fatica perché dovevo ambientarmi, ma ho scelto questa squadra perché mi permette di correre un calendario importante disputando corse internazionali.”

Per Alessandro, che desidera fare le cose per gradi, tutto cominciò con l’Ambrosoli, ora ACSD Remo Calzolari 1983, dove corse tra gli esordienti e tra gli allievi. In questa categoria ottenne la sua prima vittoria.

Poi il biennio con il Club Ciclistico Canturino tra gli juniores e il passaggio nella Kometa dove nel primo anno ha corso principalmente nel calendario spagnolo, vincendo la Vuelta Ciclista a León, valutata, da quelle parti, una delle corse più apprezzabili per i dilettanti: “In Spagna il livello medio del gruppo in salita è più alto rispetto a quello che si ritrova in Italia – la sua lucida analisi sulla difformità tra corse italiane a spagnole – non esistono veri e propri velocisti che si staccano facilmente appena la strada sale, più o meno tutti tengono sulle salite corte”. 

 

 

Appassionato di auto e moto ma anche di agricoltura, si è diplomato all’istituto di Agraria di Limbiate in Brianza. Ricorda i tempi della scuola a due ore e mezzo da casa. “Mi allenavo nel tardo pomeriggio al buio con luce e giubbino catarifrangente con i mei genitori che mi venivamo a prendere alla stazione con la bicicletta. E poi la sera a studiare.”

Annovera in bacheca già un bronzo mondiale a Innsbruck nelle gare juniores, dietro al belga Evenepoel, considerato l’astro nascente del ciclismo mondiale. Il pensiero di avere della pressione addosso quando gli dicono che potrebbe rappresentare il futuro italiano nelle corse a tappe non lo assilla, ma lo stimola: “Io cerco sempre di mettercela tutta, poi vedremo“. 

Già, come gli disse Contador la prima volta che lo incontrò. “Nella serata dedicata al Premio Torriani del 2018, mi disse: Non importa se vincerai un Giro o un Tour de France. Non serve quello per essere considerato un grande corridore. Tu devi dare sempre il massimo e facendo così varrai tantissimo a prescindere da quello che vincerai”.

A cura di Massimiliano Perlato 

Exit mobile version