Il dibattito sulla modella armena Armine Harutyunyan, scelta da Gucci per le proprie campagne pubblicitarie, pareva dover scemare nel giro di pochi giorni, come da tradizione capita a tutte le polemiche o pseudo tali che veleggiano sui social. Invece, incredibilmente, dopo interminabili giorni di “e bella sì, è bella no, è bella forse” siamo ancora qui a discuterne.
Lo abbiamo fatto troppo. Lo abbiamo fatto male.
Perchè le chiacchiere, in realtà, stanno a zero: Gucci sceglie da sempre modelle di carattere, lontane dai canoni di bellezza “commerciali” e lo fa perchè l’alta moda è anche e soprattutto arte, provocazione. Le modelle di Gucci, come di tanti altri marchi blasonati del settore, raccontano storie e atmosfere, trasmettono messaggi, evocano concetti ed epoche ( Armine non è terribilmente bizantina, ad esempio, con quei tratti allungati e marcati?). Non si limitano a indossare degli abiti, sono vere e proprie interpreti, quasi delle attrici della passerella.
Di cosa ci stupiamo, quindi? È una scelta contemporanea e comprensibile. Azzeccata, in linea con le performance dell’alta moda. Non dovremmo occuparci di essere politicamente corretti o di bacchettare i presunti portatori sani di bodyshaming, dovremmo giudicare solo ciò che artisticamente ci arriva o meno. Perché non si tratta di avvenenza, si tratta di arte e di spettacolo. E Armine, pensate un pochino, è pure un’artista.
Ad ognuno il suo. All’alta moda, l’arte. Alle grandi catene, il canone.
E al direttore creativo di Gucci un applauso.