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Il ricordo del “Re del cemento armato”, l’ingegnere sardo Giovanni Antonio Porcheddu, a 160 anni dalla sua nascita

Il ricordo di Angelo Manca del “Re del cemento armato”, l’ingegnere sardo Giovanni Antonio Porcheddu, a 160 anni dalla nascita.

«Piero Scarpa, un anziano socio del Circolo “Sarda Tellus” di Genova, tempo fa, mentre parlavamo di poesia e di poeti sardi, mi fece conoscere il libretto di un poeta, Michele Pinna di Codrongianus, attivo fra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Il testo trattava di “Arti e personaggi che hanno dato lustro all’Italia”.  Il nostro discorso si concentrò su una personalità oggi poco conosciuta, l’ing. Giovanni Antonio Porcheddu, ricordato nei libri specialistici di architettura per essere stato il realizzatore, fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, di opere architettoniche molto importanti. 

Giovanni Antonio Porcheddu, nato ad Ittiri nel 1860, orfano dall’infanzia, allevato da uno zio, fu avviato alla professione del padre, che aveva fatto il muratore. Volendosi emancipare, da lavoratore studente dimostrò delle qualità che gli valsero una borsa di studio che lo portarono all’Università prima a Pisa e poi a Torino. Si laureò ingegnere civile nel 1890, poi elettrotecnico infine industriale, intravedendo la possibilità di impegnarsi nel settore minerario sardo.

La sorte lo portò ad incontrare François Hennebique,  un geniale costruttore (poi ingegnere) francese che nel 1892 depositò un suo brevetto per costruzioni in calcestruzzo armato. Hennebique cercava un concessionario per l’Alta Italia che non riusciva a trovare, a causa  della diffidenza che l’ardita novità ovunque suscitava.

Fino ad allora le costruzioni abitative e quelle industriali erano tradizionalmente costituite da strutture verticali portanti in muratura piena e da solai e coperture che poggiavano su travi di legno o di ferro. Hennebique, introducendo il nuovo sistema del conglomerato cementizio armato internamente con profilati di ferro disposti razionalmente, rivoluzionò i moduli costruttivi precedenti, considerata la maggiore compattezza e sicurezza degli edifici, contribuì a dare un forte impulso alla straordinaria evoluzione urbanistica e industriale sviluppatasi in Europa tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

Le prime notizie sul Sistema Hennebique in Italia si ebbero  nel giugno 1894, quando gli ingegneri Ferrero e Porcheddu, titolari dell’omonimo Studio Tecnico in Torino, diffusero  un loro stampato presentandosi come titolari della rappresentanza dei “solai incombustibili Hennebique”. Ma è solo nell’anno successivo che si trovano tracce di lavori sviluppati dal “Concessionario Giovanni Antonio Porcheddu”; nel 1896 nei documenti comparve per la prima volta l’intestazione “Ing. G.A. Porcheddu, Studio Tecnico Hennebique ed Agenzia Generale per l’Alta Italia – Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto”. Secondo i termini della concessione, la Société Hennebique elaborava la progettazione e il calcolo delle strutture, successivamente, col progredire e l’affermarsi dell’impresa torinese, questa assorbì le competenze progettuali ed esecutive. 

La Società diretta dall’imprenditore sardo finì per risultare una fra le più prestigiose e meglio organizzate imprese edili del Paese. Essa contava, oltre la sede principale di Torino, palestra per molti ingegneri, anche la sede di Genova dove si dotò di una propria ferriera, e le sedi di Milano e Roma.  operò nel settore dei ponti, nel settore civile e industriale. Nel periodo di grande sviluppo, arrivò ad occupare 20 ingegneri, 50 impiegati e circa 1500 operai, e una fitta rete di agenti e rappresentanti sparsi per tutta la penisola. Comprendeva due settori distinti ma strettamente collegati: quello della progettazione e quello della messa in opera. Il tutto è rimasto documentato da un vastissimo “Archivio Porcheddu” conservato presso il Politecnico di Torino. L’ingegnere Porcheddu operò fino al 1933 realizzando circa 2600 opere documentate, prevalentemente in Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto, pochi lavori vari in altre zone d’Italia.

Nel 2020 ricorrono i 160 anni dalla nascita».

 

  

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