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La figlia di una vittima del Covid-19 ospite nella Rsa di Sassari, presenta un esposto in procura

Si era battuta fin da subito per sensibilizzare l’opinione pubblica anche attraverso la stampa, sulla difficile condizione degli ospiti delle Rsa. Chiedeva più controlli e più dispositivi per quelle strutture in cui erano ospitate le persone più esposte, come sua madre, 68 anni non autosufficiente, affetta da sclerosi multipla.

Tra fine febbraio e inizio marzo 2020, quando la pandemia ormai si stava manifestando, la RSA chiude le porte ai parenti degli ospiti, in applicazione del DPCM del 04 aprile 2020: da allora per la donna, i contatti con la mamma si riducono a una sola, breve telefonata quotidiana, e le video-chiamate sono possibili solo con l’ausilio del personale della struttura. É proprio durante una video chiamata che S. R. queste le iniziali della figlia della vittima, ha modo di notare come l’operatore sanitario in ausilio alla madre fosse del tutto sprovvisto dei più elementari Dpi, come la mascherina.

Secondo quanto affermano i suoi legali, il 19 marzo la figlia della paziente viene informata, dal personale amministrativo della RSA, che all’interno della struttura sono stati effettuati quattro tamponi, tre dei quali risultati positivi: degenti che, non potendo essere trasferiti, sarebbero rimasti in isolamento presso la stessa San Nicola. Sono le prime avvisaglie di quello che diventerà uno dei più gravi focolai della Sardegna, con giornate drammatiche come quella del 28 marzo, quando si contano cinque morti in 24 ore, o del primo aprile, nella quale è l’Assessore Regionale alla Sanità, Mario Nieddu, in persona, a comunicare il primo bilancio-shock dei tamponi, a cui sarebbero poi stati sottoposti tutti i 120 ospiti: 44 positivi sui 55 test effettuati. Quasi tutti.

Ancora, come raccontano i legali, dal 19 marzo non arrivano altri aggiornamenti ufficiali da parte della struttura, se si eccettuano le rare comunicazioni (a titolo privato) da parte del personale. La situazione, sempre più preoccupante e insostenibile, spinge S. R. ad attivarsi e inoltrare un primo appello alle Autorità interessate, mobilitando insieme anche la stampa. Dagli altri familiari si apprende poi che la struttura ha modificato la distribuzione di spazi e ospiti, creando tre diverse zone: una rossa che ospitava i pazienti già risultati positivi al Covid-19, una intermedia in cui avrebbero collocato i pazienti che già presentavano alcuni sintomi, e un’altra “pulita” che ospitava i soli pazienti asintomatici, fra cui la mamma di SR. E, soprattutto, a seguito di un nuovo e ulteriore appello pubblico, intervengono anche le Autorità, in particolare quelle mediche militari, rifornendo di Dpi la struttura, e iniziando la somministrazione dei primi tamponi, tra cui quello che viene effettuato proprio alla madre di S. R., la quale risulterà puntualmente positiva.

E’ il 29 marzo – scrivono gli avvocati- la paziente in poche ore palesa un peggioramento delle sue condizioni e nella stessa giornata viene trasportata d’urgenza in ambulanza al Pronto Soccorso del SS. Annunziata, per poi essere trasferita – proprio mentre si trova qui arriva l’esito del tampone – nella sezione Covid-19 del Reparto Pneumologia delle Cliniche San Pietro di Sassari. Sembra che la 68enne possa farcela, e le sue condizioni appaiono stabili, tanto che si decide di trasferirla, il 6 di aprile, al Policlinico di Sassari. L’arrivo al Policlinico, però, coincide, inspiegabilmente, con un nuovo e ulteriore peggioramento, tanto che lo stesso giorno viene ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva dello stesso nosocomio, dove spira la sera del 19 aprile.

Oggi, 9 luglio 2020, S. R., la figlia di una delle tante, troppe vittime da Covid-19 (una trentina registrate nella struttura per la terza età di Sassari), col supporto di Studio3A-Valore S.p.A., ha deciso di denunciare tutti i fatti con un formale esposto depositato presso la stazione dei carabinieri di Sassari, la sua città, e diretto alla Procura sassarese che, per il tramite del Pubblico Ministero, Dott. Paolo Piras, ha già aperto più fascicoli e svariati filoni d’inchiesta sul caso “Coronavirus” nelle Residenze Sanitarie Assistenziali, e dovrà stabilire appunto se nelle strutture sia stato fatto tutto il possibile per tutelare pazienti e operatori sanitari.

A fronte delle responsabilità di natura contrattuale delle strutture per la terza età, – concludono dallo studio legale Studio3A-Valore – che dovrebbero assicurare tutela e protezione ai pazienti che vengono loro affidati, ed essendosi profilate nello specifico varie lacune da parte della RSA, sia nella fase di prevenzione dell’emergenza sanitaria sia nella fase di gestione dell’epidemia, S. R. chiede dunque di chiarire le dinamiche della triste vicenda, fino in fondo, non solo per la mamma, ma per tutti gli ospiti che non ci sono più.

 

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