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Coronavirus e aziende: diamo parola all’esperta di Marketing Elena Setzu

Elena Setzu

Elena Setzu

In un momento storico senza precedenti, nel quale decine di migliaia di aziende e liberi professionisti si sono ritrovati da una settimana all’altra con il fatturato in caduta libera, è doveroso ascoltare ciò che ci consiglia la nostra conterranea esperta di Marketing Elena Setzu.

Classe 1987, consulente Marketing di successo, autrice di due libri venduti in tutta Italia a tema Marketing e Presenza Online, collezionista di testimonianze positive di clienti felici per i risultati ottenuti, vista su testate del calibro di Millionaire, fondatrice di una delle Web Agency più importanti (eSetz Web Agency, sito web: www.eSetz.it) e ideatrice della piattaforma Protocollo FreeLance, Elena Setzu è oggi a disposizione dei lettori per parlare del COVID-19, detto anche Coronavirus, dal punto di vista delle Aziende e degli imprenditori della Sardegna (e di tutta Italia).

Si è parlato tanto, in relazione al suddetto Covid-19, di sussidi, dipendenti scontenti, personale medico, statistiche e bilanci della Regione Sardegna.

Oggi però, andremo ad esaminare il rapporto tra Virus e Aziende.

Buongiorno Elena, e benvenuta. Lei è quotidianamente a contatto con tantissime aziende, ci racconta cos’è successo, come si è manifestata la crisi, e che aria si respira a casa degli imprenditori?

Buongiorno, grazie.  Interagisco quotidianamente con parecchi imprenditori, direi.  Per raccontare al meglio “cosa è successo”, vorrei scindere la categoria “Aziende” in alcune sottocategorie.

1-Piccolissimi imprenditori e FreeLance
2-Aziende più strutturate

Il tonfo è stato molto più forte per i primi.

Nei giorni precedenti al primo decreto in cui il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, sanciva la chiusura di determinate attività, ho iniziato a ricevere quotidianamente almeno 3 messaggi che mi informavano della chiusura temporanea delle attività dei miei clienti, per “improvvisa mancanza di persone in negozio”.

Comportamento dato indubbiamente dalla paura dei cittadini, che evidenziava già i primi sintomi di paura e tensione per chiunque avesse un’azienda.

La sera in cui Giuseppe Conte ha annunciato il decreto per il Covid-19 annunciando la chiusura di gran parte delle attività commerciali, il mio telefono ha iniziato a friggere, letteralmente.

Per tutta la notte ho ricevuto messaggi WhatsApp e chiamate da parte di imprenditori disperati.

Com’è -ma non troppo- scontato, questi, appartenevano per lo più alla prima delle due suddette categorie.

Le aziende un po’ più grosse ed affermate (preciso: per quanto riguarda le realtà con cui sono a contatto) hanno subito preso il toro per le corna, accusando il colpo ma organizzandosi fin dal primo momento per rialzarsi più velocemente degli altri e per assicurarsi che mai più un evento del genere avesse potuto piegarle così violentemente.

Elena Setzu

Che cosa nota maggiormente nei comportamenti delle persone in questo periodo?

Le acque, ad oggi, sono leggermente più serene. La situazione economica drastica era, e drastica è. Tuttavia l’imprenditore medio ha metabolizzato, ed ora pensa in maniera un po’ più lucida.

Per quanto concerne i miei clienti, siamo totalmente assorti nella pianificazione di piani di digitalizzazione che mettano al sicuro le aziende in modo da non accusare così forte in futuro, la violenza di un eventuale colpo del genere.

Stiamo realizzando numerosi eCommerce in Web Agency e sto erogando il più alto numero possibile di consulenze e strategie che per il momento si stanno rivelando efficaci e contrastanti.

Tuttavia, per esempio sui Social, vedo imprenditori e FreeLance disperati, che pubblicano offerte inutili che la gente nemmeno legge, sconti stratosferici, svendite per il post-coronavirus.

Vedo professionisti offrire le loro “consulenze gratis” su prodotti al momento totalmente inutili, nella speranza di fare cassa, solo che così non è.

Non c’è niente di logico in tutto ciò, è un flusso di energie che se ne va disperdendosi senza utilità alcuna, anzi, probabilmente tutto ciò avrà un effetto contro producente.

Pensa che questa situazione sia paragonabile alla crisi del 2008?

Sì e No. La crisi del 2008 fu un evento devastante, ma prettamente economico. Di punto in bianco sono crollati i mercati, è crollata la borsa, è crollato il mercato immobiliare e con esso la vita non solo degli imprenditori immobiliari ma anche di tutti coloro che possedevano una casa o che avevano acceso un mutuo per acquistarla.

Di similare vi è, indubbiamente, la sensazione che l’economia globale non potesse più tornare alla normalità.

E da un lato, è vero. Il mondo è costernato da istituti bancari che inseguono il recupero e il rilancio economico da allora, per esempio.

Di certo però, analizzando dall’alto quelli che sono i numeri pre-crisi (2005, 2006, 2007) e paragonandoli all’ultimo triennio che abbiamo vissuto, il pianeta è certamente in una condizione di salute economica di gran lunga migliore.

Come stanno reagendo gli imprenditori in questo momento?

Come dicevo, quella che vedo è una realtà spaccata a metà: disperazione da una parte, impegno massacrante dall’altra.

Come dovrebbero agire, secondo lei? Quali sono cioè gli atteggiamenti che riterrebbe giusti per contrastare la situazione?

La situazione non si contrasta. A doversi contrastare è il rischio di fallimento nell’ipotesi in cui uno scenario simile si ripeta.

Basta osservare -Coronavirus a parte- la realtà in Cina, o in parecchi stati USA.

Il negoziante che risponde in chat ad un utente, e gli dice “passi in negozio che le faccio un preventivo” NON ESISTE. NON È AMMISSIBILE.

Così come sono rarissimi i ristoranti che non sono perfettamente attrezzati e sistematizzati per il Delivery. Le Dark Kitchen, le app per comporsi i propri pasti, i sistemi che con due click ti fanno ricevere perfino il pane sulla porta di casa, in Paesi più avanti di noi, sono la normalità.

Un quarto di pianeta è digitalizzato al punto tale che è possibile acquistare un’automobile completamente online e farsela recapitare a casa. Per quale ragione un venditore di tende o di vernici non può erogare parte del proprio servizio assistenza online?

E’ anche per questa ragione che le loro economie si flettono in misura inferiore, in casi come questo.

In sostanza, ciò che a mio avviso è urgente fare, da parte di ogni singolo imprenditore, è riorganizzare la propria attività rendendola idonea per il tempo in cui viviamo e per l’attitudine Social delle persone.

Vi sarà sicuramente capitato di sentire qualcuno parlare, e dire qualcosa come “hai visto la foto che ha messo Marco?”, così, senza nemmeno specificare dove l’ha messa. E’ scontato che si parla di Instagram o Facebook.

Il contesto Social è diventato sottinteso ed indispensabile. Quanto prima ogni imprenditore se ne accorgerà, ed imparerà a dargli un’importanza cruciale, tanto prima uscirà velocemente da situazioni problematiche riguardanti l’offline.

Mi rendo perfettamente conto che vi è ancora oggi tutta una serie di aziende “vecchio stampo” che non ha la minima intenzione di digitalizzarsi, e mi creda, ne ho il pieno rispetto, e anche se con i Social di decine di clienti ci lavoro, sono in parte d’accordo anche con loro.

Tuttavia, questa è la realtà. Non l’ho decisa io.

Io mi occupo di creare sistemi di Presenza Online per aziende che si adattano al periodo, e faccio questo da sempre.

Per completare la risposta a questa domanda, ritengo che in questo momento sia indispensabile che l’imprenditore si sof-fermi a rivedere il suo Business Model.

Renderlo scalabile e non prettamente legato al magazzino. Renderlo automatizzato il più possibile, fluido, svincolato almeno in parte dalla serranda o dalla segretaria, piuttosto che da un decreto.

E se il business risultasse incompatibile con tutto ciò (ma vi assicuro che ho trasformato i più svariati tipi di attività, e funzionano in maniera eccellente, quindi non siate pigri, non è davvero questa la circostanza in cui esserlo), è bene investire in altri Asset.

Prendere cioè parte della cassa, e reinvestirla in un altro ramo. Per esempio un eCommerce senza magazzino in un settore compatibile (drop shipping), o messa a reddito di informazioni.

Il web è costernato da sapientoni che aggrediscono entrambe queste attività, mi rendo conto che la controversia vende, tuttavia questo è un articolo che ha lo scopo di essere prima di tutto UTILE e imparziale, pertanto, un consiglio di massima è questo: informatevi, informatevi sui numeri e sui requisiti, e se il business è sostenibile, fatene un Asset, altrimenti no.

Ho clienti che mesi fa attivarono quasi per gioco un eCommerce in Drop Shipping per diversificare, e che in queste settimane non fanno che ringraziarmi, perché fatturano molto più che con la loro attività su strada.

Cosa pensa che cambierà dopo il virus?

Sicuramente le abitudini e modalità con le quali gli utenti cercheranno e sceglieranno fornitori / negozi da cui acquistare. Cambieranno le aspettative del consumatore medio rispetto al servizio offerto dal fornitore.

L’utente sarà molto più esigente a livello digitale, e in molti casi, vista la lunghezza del periodo nel quale non ha acquistato da un fornitore, se non ha mantenuto contatti, ne sceglierà (o almeno, ne valuterà) un altro.

C’è un modo per evitare di investire le (poche) risorse economiche per “rialzarsi” in maniera sbagliata, e perdere del denaro?

La strada migliore è sempre quella di verificare con chi si ha a che fare. Scegliere un fornitore basandosi su ciò che i suoi clienti dicono di lui, sui risultati ottenuti.

Nel mio settore, per esempio, ci sono tantissimi millantatori di “incremento fatturato” o di “acquisizione nuovi clienti”, e loro per primi sono nel regime forfetario perché fatturano meno di 60.000 Euro all’anno.

E vi assicuro che se si è in grado attrarre per le aziende nuovi clienti in maniera etica e misurabile, si ha la fila fuori dalla porta, ed è impossibile non avere piogge di testimonianze che confermano ciò.

Insomma, non è particolarmente complicato, se si presta attenzione verso il denaro, trovare un fornitore per digitalizzarsi o diversificare.

Indubbiamente la sua competenza costa, ma è un costo che si ripagherà.

A tale proposito, ha qualche consiglio per i lettori – imprenditori?

Sì. Se devo essere sintetica, consiglio di essere presenti online ora più che mai. E non dico di sperperare del denaro, dico di mantenere i contatti con i propri clienti, i propri iscritti, le proprie community.

Ci sono veramente tanti modi per mantenere caldo un rapporto, anche a costo zero.

In questo momento è facile perdere gran parte di ciò che si è costruito online, oppure essere “l’altro fornitore” che i clienti valuteranno.

Inoltre, in questo momento come non mai, è possibile comprendere quali collaboratori del vostro staff sono più etici e rispettosi per l’azienda, e quali invece pensano come individui e non hanno interesse a dare il meglio (ma è anche un’ottima occasione per mostrarvi per i veri leader che siete!).

Ultimo consiglio, ma non per importanza: vedo spesso sui social professionisti e piccoli imprenditori che, in occasione del virus, utilizzano i propri account nei quali sono presenti anche parecchi potenziali clienti, per criticare il governo, lo stato, condividere catene di Sant’Antonio varie o petizioni dall’improbabile credibilità.

Stamani un “amico” Facebook ha perfino insultato pubblicamente un fornitore perché ha richiesto il pagamento di una fattura in un periodo del genere. Come se il Virus l’avesse creato quel fornitore, e quindi dovesse farsi carico dei prodotti acquistati dai propri clienti.

Sapete, il Virus passerà, ma l’impressione che darete di voi in questo periodo, no.

Pianificate, riorganizzate, siate concreti e logici, ma soprattutto Etici.

Buon lavoro

Elena

www.elenasetzu.it

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