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Franco Udella, il pugile cagliaritano che ha portato alto il nome della Sardegna nel mondo

Franco Udella nel suo negozio Udella Sport circondato dai suoi trofei

Una passione per il calcio, sport che praticò da ragazzo prima della Boxe, Franco Udella, cagliaritano classe 1947 ha esordito a livello agonistico a 18 anni.

Nel corso della sua carriera ha disputato complessivamente 147 incontri da dilettante, con 140 vittorie, un pari e sei sconfitte e ha indossato 38 volte la maglia azzurra.

Nel 1966 ha conquistato la medaglia d’oro al campionato italiano novizi, nella categoria pesi mosca.

Nel 1967 è stato convocato per le Olimpiadi di Città del Messico, nella categoria minimosca: perse al primo turno e fu l’unico pugile italiano a non passare professionista.

Nel maggio del 1975 a Zurigo, Udella difese il titolo europeo dei mosca. Dopo sole due riprese, Udella e il suo avversario furono squalificati per reciproche scorrettezze.  L’incontro venne ripetuto nel gennaio del 1976, match nel quale il sardo mantenne il titolo.

Il 1979 è stato l’ultimo anno in cui Franco Udella è salito su un ring, la sconfitta di Londra pose fine alla sua carriera.

Oggi, ormai 73enne, Franco Udella vive con la sua famiglia a Cagliari, dove nel cuore di San Michele ha aperto lo storico negozio di coppe e medaglie per le competizioni sportive. Lui è sempre lì ad accogliere con un sorriso, tutti i suoi clienti.

Com’è arrivato alla Boxe?

Ho iniziato per difendermi dai ladri: io portavo le paste nei bar con la mia bicicletta, qualcuno cercava di rubarmele e io reagivo. Venni notato dall’allenatore Lello Scano, il quale più volte è venuto a cercarmi a casa, non mi mollava, diceva a mia mamma che ero bravo e avrei dovuto praticare questo sport. Ci ho provato e ho visto che mi piaceva: vincere, match dopo match, era uno stimolo. Poi mi ha chiamato la Nazionale e piano piano sono cresciuto e ho continuato.

Era difficile fare questo sport?

All’inizio giocavo anche a calcio, la mia grande passione, per me non era una difficoltà fare boxe, avevo scelto di provarci fino in fondo e non sentivo il sacrificio delle trasferte, salire sul ring mi rendeva felice.

Oggi la Sardegna ha dei campioni che possono eccellere nella disciplina?

La boxe è cresciuta tanto, però i ragazzi vanno in palestra più per allenarsi e non con l’idea di fare agonismo. In realtà avevo iniziato anche io così: per avere il fisico bello, poi ho proseguito perché mi piaceva la competizione.

Il successo che ricorda con maggior entusiasmo?

Un match disputato per il titolo europeo: l’avversario mi aveva fatto cadere e messo all’angolo, lo stesso maestro mi chiese cosa stesse succedendo perché non ero in me. Ma lo rassicurai dicendogli che era un avversario troppo semplice e non ci sarebbero state brutte sorprese: dopo 3 riprese l’ho messo knockout.

Quello che, invece, ricorda con più delusione?

La maggior delusione l’ho avuta a Lignano, quando ho visto il titolo mondiale dei pesi mosca sfumare via. Il mio avversario, un venezuelano, era più bravo ed esperto di me, avevo comunque disputato un bel match.

Cosa consiglierebbe oggi ad un giovane che vuole diventare un campione della Boxe?

Ogni tanto mi avvicino in palestra, quella in cui sono cresciuto io, la famosa palestra Sardegna, guardo i ragazzi allenarsi e provo a dar loro delle dritte. Ci vuole molta costanza e non bisogna demoralizzarsi. Quello che stimolava me era la vittoria, la voglia di vincere.

A dicembre è stato premiato con il prestigioso Collare d’oro, l’onorificenza più importante dello sport italiano. Qual è stata l’emozione di quella giornata?

Ritrovare tutti gli amici e i ragazzi che ho conosciuto oltre quarant’anni fa. Rivederli e ritrovarsi insieme è stata una gioia, essere stati premiati tutti insieme è stato stupendo.

Il suo moto?

Vai avanti con calma e tranquillità, senza arrabbiarti. La vita è bella da vivere in ogni momento.  Piedi per terra e bisogna mirare dritto all’obiettivo.

 

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