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Accadde oggi: 18 novembre 2013, il ciclone “Cleopatra” semina morte e distruzione a Olbia e in altre zone della Sardegna

Alluvione Olbia (foto: La Repubblica)

Alluvione Olbia (foto: La Repubblica)

Sono passati sei anni dalla terribile alluvione che colpì la Sardegna settentrionale e centrale, in modo particolare Olbia.  Quella mattina del 18 novembre 2013, gli abitanti della città gallurese videro il cielo minaccioso, ma non si sarebbero mai immaginati che la pioggia che sarebbe caduta di lì a poco, avrebbe portato distruzione e morte. La natura, si sa, fa il suo corso e quando l’uomo non la rispetta, non ha pietà per niente e nessuno.

Interi quartieri invasi da ondate di acqua mista a fango e detriti trasportati dal canale di via Cina, i cui argini non erano stati ripuliti. L’onda di piena travolse qualsiasi cosa incontrasse lungo il tragitto, comprese vite umane: donne, anziani, padri e madri con i loro bambiniTredici le vittime solo a Olbia. Anna Ragnedda, 83 anni e Maria Massa, 88, morte annegate nelle rispettive case; Patrizia Corona,42, rimasta intrappolata nelle sua auto insieme alla figlioletta di soli 2 anni e finite nel canale; Francesco Mazzoccu, 37 anni, che con il figlio di 3 cercava disperatamente di mettersi in salvo; Bruno Fiore, 68 anni, Sebastiana Brundu, 61, e Maria Loriga, 54 anni, finiti dentro una voragine sulla SP 38. E poi ancora, una famiglia di origine brasiliana, Isael Passoni e Cleide Maria Rodriguez, entrambi di 42 anni, e i loro figli Laine Kellen e Weriston Passoni, di 16 e 20 anni, morti intrappolati all’interno di un seminterrato.

Vittime anche in altri centri abitati dell’Isola: Torpé, Uras, Arzachena e Oliena. Una persona, invece, non è mai stata ritrovata. I dispersi furono più di 2.500. Oggi, a distanza di quattro anni, restano ancora molti interrogativi e i parenti delle vittime chiedono verità e giustizia, sopratutto dopo che tutti gli imputati (tra cui gli ex sindaci di Olbia e Arzachena) sono stati assolti. Si chiedono se quella tragedia si sarebbe potuta evitare, se la mano dell’uomo – complice di molti disastri naturali nel mondo – almeno quella volta sarebbe potuta intervenire in tempo bonificando gli argini dei fiumi e dei canali. Oltre i dubbi, ciò che resta è il dolore di chi ha perso tutto e chi ha visto i propri cari morire. Quello non sarà mai lenito da nessun risarcimento.

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