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Orrendo caso di caporalato a Siliqua: giovane bracciante “prigioniero” in un’azienda agricola

carabinieri Nil - Immagine di repertorio

carabinieri Nil - Immagine di repertorio

Nella giornata di ieri 10 ottobre, i carabinieri del NIL dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cagliari, operando congiuntamente con i colleghi della Compagnia di Iglesias, hanno denunciato per il reato di caporalato un allevatore di Siliqua.

Al momento dell’accesso nella azienda agricola sita nelle campagne di Siliqua, gli uomini del Nucleo Ispezione Lavoro hanno trovato due uomini intenti al lavoro: un italiano di 52 anni e un giovane africano del Mali di 28 anni. I due lavoratori sono risultati essere impiegati in nero, ma a colpire i carabinieri sono state soprattutto le condizioni in cui viveva il cittadino extracomunitario.

Il giovane era di fatto prigioniero del suo datore di lavoro e il giovane, privo di qualsiasi mezzo di locomozione, non potendo quindi allontanarsi dall’azienda, era costretto a vivere in una sorta di cubo di cemento di pochi metri quadrati, senza servizi igienici degni di questo nome. Il ragazzo si trovava lì da più di un mese e aveva ricevuto come retribuzione soltanto poche centinaia di euro in contanti. Era lo stesso datore di lavoro a portargli da mangiare quando si recava personalmente in azienda.

Oltre a comminare le sanzioni di tipo giuslavoristico per il lavoro irregolare (3.600 euro), gli uomini del NIL hanno sporto denuncia nei confronti dell’imprenditore ai sensi dell’art. 603 bis del codice penale, il quale punisce chiunque assume, utilizza o impiega manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. Il denunciato rischia ora una pena detentiva da 1 a 6 anni, oltre ad una multa di 1.000 euro. Tale reato prevede anche l’arresto in flagranza, ma l’imprenditore si è reso irreperibile al momento dell’accesso del NIL.

A complicare il quadro sanzionatorio per l’allevatore, deve aggiungersi che al momento dell’accesso i carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro hanno trovato anche che erano in corso all’interno della azienda attività di costruzione edile. Anche in questo caso gli operai trovati intenti al lavoro (due italiani) erano in nero e lavoravano alle dirette dipendenze dell’allevatore. È stata quindi disposta l’immediata sospensione dell’attività e comminate sanzioni per ulteriori 5.600 euro.

L’ispezione di ieri nelle campagne di Siliqua conferma purtroppo come anche in Sardegna esista il fenomeno del caporalato, sia pure in forme e modalità diverse da quelle di altre regioni d’Italia. Sta diventando più frequente infatti, riscontrare situazioni di sfruttamento della manodopera extracomunitaria all’interno di piccole aziende agricole che, per le condizioni in cui si svolgono, si collocano ai limiti della riduzione in schiavitù.

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