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Folklore, Magia e Tradizione: La leggenda di Medusa e de “Su camminu e sas ghespesse”

medusa

Tanto tempo fa, si racconta che Noè fosse deciso a piantare alcune vigne, ma non sapeva esattamente dove farlo. Prese in rassegna diversi paesi e scoprì che, in Sardegna, esisteva un villaggio costruito su un monte: si trattava di Orune. L’uomo visitò subito il paese e ne rimase incantato: era sempre soleggiato e il terreno risultava asciutto e sabbioso. Noè si persuase che quello era il luogo perfetto per piantare la sua vigna.


L’ unico dubbio che gli rimase riguardava il vento soffiava impetuoso in tutto il centro, distruggendo ogni cosa che incrociava la sua strada, piegando gli alberi che, infatti, crescevano un po’ storti. Fiducioso che gli abitanti del paese trovassero una soluzione a questo problema, Noè impiantò la vigna e tornò nelle sue terre.

Non passò molto tempo che a Orune giunse Urcheddu, il nipote di Noè. Convocati tutti i cittadini del paese il giovane fece assaggiare loro il vino che aveva portato con sé dall’ Ogliastra e dal Campidano e tutti bevvero in abbondanza, mangiarono e, soprattutto, furono molto contenti di avere anche nelle loro terre una tale prelibatezza. Presi dall’entusiasmo gli orunesi cominciarono a zappare, a ripulire le terre vicine e impiantarono tantissime vigne ovunque trovassero uno spazio. Tanto piantarono che, dopo poco tempo, Ispidiani e la valle di Marreri furono riempiti di viti: le campagne erano colorate, meravigliose e gli abitanti andavano a zappare con gioia, orgogliosi del loro lavoro.


Arrivò finalmente il momento di raccogliere i frutti di tanta fatica e i risultati furono strepitosi, vino in abbondanza, tanto che gli stessi vignaioli non sapevano dove contenerlo. Soddisfatti di quanto prodotto gli abitanti, presi dalla foga del momento, incoronarono Urcheddu Re del vino,non solo, si diedero anche da fare per costruirgli una grande casa e si recavano lì a ringraziarlo ed ammirarlo, proprio come un dio.


Urcheddu, stabilito ormai da tempo a Orune, ebbe una figlia che chiamò Medusa. La ragazza era molto bella, ma soprattutto si dimostro da subito saggia e molto protettiva nei confronti degli abitanti di Orune. Quando il padre morì, fu lei a prendere il suo posto, come guida e Regina del vino.
Medusa continuò, in tutto e per tutto, le politiche del padre: anche lei si adoperò per piantare nuove vigne tanto che si racconta che la gente a Orune fosse spesso ubriaca.

Passarono gli anni e giunse ad Orune un re da lontano, chiamato Lardeddu. Insidiatosi nel paese, il nuovo sovrano cominciò ad ordinare agli orunesi di non piantare più viti, ma di arare il terreno per seminare cereali come grano e orzo. Durante il primo anno il raccolto fu così elevato che, analogamente a come successe per il vino, non si aveva spazio a sufficienza nella case per contenere il grano. Lardeddu allora insegnò ai cittadini come utilizzare le macine per lavorare il frumento e a fare il pane.


I vignaioli obbedivano, ma in realtà non erano per niente felici: mancavano a tutti loro le vigne e l’ottimo vino che erano soliti produrre. Ignaro del malcontento che cresceva, il nuovo sovrano insegnò agli abitanti anche ad allevare le api, ma stavolta gli orunesi non ci stettero: il lavoro era difficile, impegnativo e non piaceva a nessuno. Nonostante questo Marreri si riempì di arnie perché le api davano miele a iosa e le persone ne mangiavano in continuazione, con formaggio e con pane.


I pochi vignaioli rimasti cominciarono ad attaccare gli agricoltori che stavano occupando progressivamente tutte le terre. Non passò molto tempo che iniziò una vera e propria guerra tra i due gruppi e Medusa guidò i vignaioli contro Lardeddu e gli agricoltori.

Contro ogni previsione, la guerra fu breve in quanto gli apicoltori liberarono le loro api contro Medusa e i suoi seguaci e questi ultimi vennero presto sconfitti. L’aspra battaglia si svolse a Marreri, in una vecchia strada che ancora oggi porta il nome di: “Su camminu e sas ghespesse”, letteralmente, la strada delle vespe. Dopo la morte della loro regina, i vignaioli costruirono una tomba in suo onore proprio in quella strada dove spesso si recavano per renderle omaggio portandole dei doni come piccole bisacce ripiene di buon vino. Oggi si dice che gli abitanti di Orune che amano particolarmente il vino discendano da Medusa, mentre coloro che lavorano la terra siano lontani parenti di Lardeddu.


La storia di Medusa si conclude con un triste epilogo, ma è confortante riconoscere come gli abitanti siano rimasti legati al suo ricordo, anche dopo la morte delle sovrana. Sulle storie dedicate a lei dedicate si può leggere in diversi testi come in “Bollettino Archeologico Sardo” di G. Spano del 1861 e in “Leggende e racconti popolari della Sardegna di Dolores Turchi in aggiunta a tutte le testimonianze provenienti dai raccolti popolari sardi,  tramandati di generazione in generazione.

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