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Povertà in calo in Sardegna. Ma a pagare il prezzo più alto sono i giovani, poveri di futuro

Povertà e crisi economica, un binomio che ci perseguita ormai da un decennio. Ma dopo dieci anni di crisi, la povertà relativa in Sardegna è in lieve diminuzione. Secondo i dati Istat, infatti, nell’isola si è passati da una percentuale del 15,1% del 2013 al 14% del 2016 con un totale di 101 mila famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa. Questi dati disegnano una situazione economica dell’isola in linea con quella emersa dall’analisi dei dati raccolti dagli operatori dei Centri di ascolto della Caritas diocesana sarda rielaborati dal Centro studi Caritas Sardegna coordinato da Raffaele Callia e presentati questa mattina a Cagliari nel palazzo del Consiglio Regionale.

Un rapporto, quello annuale della Caritas della Sardegna, dal quale emergono le fragilità della popolazione residente in Sardegna contro le quali occorrono azioni forti e mirate di contrasto. Nel 2016 sono state 7692 persone ascoltate nei 33 comuni sardi, un dato in calo del 2,2% rispetto al 2015 e in linea con i dati Caritas nazionali. Il 73,3% di coloro che si sono rivolti ad un centro di ascolto è italiano, 2000 invece sono stati gli stranieri – in prevalenza di nazionalità rumena, marocchina e senegalese. L’età media di chi si è rivolto ai centri era di 46 anni, mentre una persona su cinque aveva un’età compresa fra i 15 e i 34 anni. Non c’è più la tradizionale prevalenza femminile fra chi chiede aiuto e chi lo fa è per lo più coniugato (39,9%). Un segnale – sottolinea chi ha analizzato i dati – che la povertà è un problema che riguarda la famiglia nella sua totalità.

C’è poi un aspetto importante della povertà raccontata dai dati Caritas che è quello relativo al titolo di studio delle persone prese in carico dai centri. Secondo l’analisi del Centro studi Caritas, infatti, chi possiede un titolo di studio superiore ha maggiori strumenti per difendersi dalla crisi e questo lo dimostrano le percentuali delle richieste di aiuto che per l’81,5% provenivano da persone con un livello di istruzione medio-basso (Licenza elementare e di scuola media inferiore). «Sono tutti elementi – ha sottolineato Raffaele Callia – che ci indicano quanto sia urgente la necessità di rafforzare la lotta alla dispersione scolastica». Un problema serio in Sardegna, nel 2016 ridotto al 18,1% (nel 2014 era l 23,5%), che trascina con sé quello della disoccupazione giovanile e dei NEET, i giovani fra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano e che nel 2016 in Sardegna erano 81 mila.

Sono disoccupati (62,9%), ma anche pensionati (9,7%) o persone che hanno comunque un reddito da lavoro (11,9%), questi ultimi detti “Working poor” (poveri che lavorano, ndr). Tutti presentano problemi legati in prima istanza al reddito insufficiente o assente e nello specifico, quindi, al lavoro che manca perché è stato perso o non lo si è mai avuto, o non è pagato adeguatamente; ci sono poi problemi abitativi, quelli legati alle varie conflittualità tra coniugi, come i divorzi e le separazioni, e quelli legati alla salute che possono compromettere una famiglia intera. Nell’immediato, i centri Caritas offrono aiuto concreto con beni materiali come i viveri e altri prodotti, o con sussidi economici per pagare le utenze, i farmaci o qualche visita specialistica.
Nella compagine di povertà che riguarda la Sardegna, hanno assunto poi un ruolo preoccupante i giovani, persi fra abbandono scolastico, disoccupazione e precariato. Ne consegue una totale sfiducia verso se stessi e verso il proprio futuro, nel quale aumenta il rischio di una condizione economica peggiore dei propri genitori. Sempre secondo i dati Istat, la disoccupazione giovanile in Sardegna ha toccato nel 2016 un tasso del 17,3%, mantenendosi stabile ma resta il dato preoccupante della provincia del Medio campidano in testa alle province italiane con una disoccupazione giovanile della fascia dai 15-24 anni che arriva al 71,7%.
Di fronte alla povertà, occorre quindi una maggiore consapevolezza per agire e ciò rende necessario un monitoraggio del fenomeno, così come da tempo chiedono le stesse organizzazioni del Terzo Settore che auspicano la creazione dell’Osservatorio regionale sulle povertà, già prevista dalla legge regionale 23 del 2005. La stessa Regione Sardegna ha poi avviato il percorso di attivazione del REIS, il reddito di inclusione sociale, stanziando già 40 milioni di euro per una misura che prevede un contributo economico erogato alla persona o alla famiglia, in cambio di un progetto di lavoro.

«I segnali incoraggianti ci sono – ha concluso Raffaele Callia – ma le povertà quotidiane persistono, e sono le vite delle persone incontrate ogni giorno dagli operatori Caritas». Vite che si potrebbero cambiare anche nell’ottica di un vero cambiamento sociale possibile solo con l’impegno civile, perché – come ha sottolineato l’Arcivescovo di Cagliari, Mons. Arrigo Miglio – «Tutte le dimensioni sociali prendono una forma diversa se consideriamo il valore umano della persona e se ci occupiamo dei poveri e li mettiamo al centro dell’attenzione poniamo le premesse per un modello di sviluppo civile della società».

 

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