Site icon cagliari.vistanet.it

Sgomberi a Bologna, la parola a Giulia Deiana, la studentessa di Bari Sardo che ha vissuto il Labàs

giulia deiana bologna

Giulia Deiana.

Giulia Deiana, 21enne originaria di Bari Sardo iscritta alla Facoltà di Filosofia di Bologna, il Labàs, prima che venisse sgomberato con la forza dalla Polizia l’8 agosto, l’aveva vissuto assiduamente, ogni mercoledì. Vissuto perché quello che nacque in seguito all’occupazione nel 2012 dell’ex Caserma Masini in via Orfeo n° 46 a Bologna, sottratta all’abbandono e alla speculazione immobiliare diventando poi un centro sociale per la collettività tutta, era un luogo dove «si respirava un’aria di appartenenza », spiega Giulia.

«Ho conosciuto il Labàs una sera qualunque. Da quel momento, non è passato mercoledì senza che io ci passassi, anche solo  per un saluto» racconta la studentessa da tempo trasferitasi nel capoluogo emiliano per proseguire il proprio percorso di studi. «La prima volta che sono entrata il cortile era pieno di gente – prosegue – tavolate intere di persone di tutte le età, ragazzi, nonni, bambini, mamme e papà. Per terra il solito e bellissimo scenario bolognese: tante gambe incrociate e qualche chitarra. Si stava bene, si respirava un’aria di appartenenza e questa sensazione andò a crescere  con il tempo».

«Làbas è il desiderio condiviso di scommettere su dei progetti politici e sociali di carattere antifascista, anticapitalista e antisessista, che mirino a trasformare radicalmente un presente fatto di miseria, esclusione, razzismo, precarietà, devastazione ambientale e culturale» spiega Giulia.

Con questa filosofia il centro nasce in un’ area che si estende per circa 9.000 mq nel cuore di Bologna, soggetto integrato e integrante nella società, difeso e sostenuto nel proprio progetto di libertà dall’intera comunità, non solo ideologicamente ma molto spesso anche economicamente, per permetterne  crescita e  miglioramento.

«Sono solita frequentare posti del genere, ambienti sociali e politici, ma il Làbas era diverso  – racconta sempre Giulia – la sua mi piace chiamarla “politica umana”,  disinteressata, una politica che nasce per il sociale, che resiste alle pressioni esterne. In quegli spazi ho trovato una sinistra sincera che non ha bisogno di partito per fare il suo lavoro, ma che tende la mano e non ha paura di schierarsi dalla parte dei più deboli ».

Il centro, difeso (come dimostrato dai numerosi filmati in rete) prima e durante gli sgomberi non solo dal personale e dai quotidiani frequentatori, ma anche dalle famiglie sostenitrici e dagli abitanti del quartiere, prima dello sgombero forzato teatro di cariche della Polizia, botte e tafferugli, era luogo di workshop, laboratori, mercati ed eventi, meta di tantissime persone, indipendentemente da età, sesso e religione.

«Si faceva di tutto all’interno dell’ex caserma Masini – racconta la studentessa ogliastrina – durante il giorno si tenevano corsi di lingua, di ballo, teatro, musica, letture e una bellissima iniziativa di accoglienza. Ciò che maggiormente mi aveva colpito del funzionamento del Làbas, era l’assenza di un capo: tutti là collaboravano e ognuno aveva un proprio compito a seconda delle sue capacità. Nessuna gerarchia ma solo unione di forze ».
Proprio per la particolarità del luogo, sottratto al degrado dato dall’abbandono e trasformato nel centro sociale fiore all’occhiello della comunità, per l’utilità inoltre che questo aveva all’interno della comunità e per il nobile fine, lo sgombero del Làbas ha molto indignato frequentatori e simpatizzanti, in particolar modo per le modalità  utilizzate durante l’operazione.

Alcuni residenti hanno definito l’accaduto come “un lutto, perchè il quartiere così perde una realtà sociale unica”.

«L’8 agosto ho pianto – prosegue Giulia – forse perché sono troppo passionale, forse perché ero lontana e non potevo fare nulla. Ho seguito la vicenda giorno per giorno, e giorno per giorno vedevo picchiare, deridere la bellezza di quel luogo. La legge non è e non sarà mai coscienza, ma noi ne siamo tutti muniti ed è per questo che delle volte discostarsi è più umano che sottostare alla regola. Non esistono leggi giuste a priori ».

«Lo sgombero di Làbas – conclude con rammarico Giulia – ha dimostrato che legalità non è giustizia, che legalità non è politica quando va a ledere i diritti primari. Le ordinanze però piovono su una Bologna che anche se non sembra vuole resistere. Oggi il Labàs, domani qualcos’altro ma bisogna continuare a resistere. Bisogna ricordare che gli ideali son difficili da soffocare e le bastonate si son sempre limitate a spaccare le teste non a cambiarle ».