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L’arte contro l’omofobia e le discriminazioni: le controverse performance dell’artista sardo Nicola Mette

Nicola Mette durante un'esibizione contro l'omofobia nella Chiesa (foto: Serafino Deriu)

Un artista deve stupire e per farlo deve anche provocare. Deve suscitare reazioni, positive o negative, ma pur sempre reazioni.  Nicola Mette, 38 anni originario di Sindia in provincia di Nuoro, è un performance artist, un artista indipendente che compie azioni dimostrative in giro per l’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica su diversi temi caldi: omosessualità, ambiente, femminicidio, antimilitarismo, pedofilia nella Chiesa.

Laureato all’Accademia delle Belle Arti di Roma, da cinque anni vive a Milano ma torna spesso in Sardegna. Una delle sue recenti esibizioni risale allo scorso luglio, a Cagliari. Il tema era l’omofobia all’interno della Chiesa cattolica: «Mi sono travestito da cardinale, andavo in giro con lo strascico sorretto da un ragazzo vestito da prete e pronunciavo la domanda ‘Chi sono io per giudicare?’, che poi è anche il titolo della performance. Sono passato anche di fronte alla Cattedrale».

Sempre sul tema dell’omofobia ecclesiastica, «nell’aprile 2012 ho fatto una performance nella quale ‘celebravo’ nozze gay e insieme ad altri artisti ci siamo recati in Piazza San Pietro. Siamo stati fermati dalla polizia e costretti ad andarcene. Persino Radio Maria ha parlato male di me».

Performance in Vaticano

Come ogni artista che si rispetti, le sue esibizioni suscitano spesso l’ira di chi non accetta il messaggio che esse contengono: «Dopo la performance “Libertade, Paridade, Sessualidade”, a Sindia comparve una scritta sull’asfalto che diceva: ‘Nicola Mette, sei la vergogna del paese’».  Scritta che poi è stata cancellata. Ma non successe solo questo: «Addirittura hanno strappato dei manifesti in cui comparivo rasato accanto a mia madre malata di cancro, che ora purtroppo non c’è più».

Temi sociali, dunque, quelli affrontati da Nicola. Nel maggio 2014, a Oristano,  ha messo in scena una performance intitolata “Eating Disorders – Sintomi di fame nervosa”. È rimasto rinchiuso per 48 ore in un negozio di cucine, dove ha cucinato e mangiato quasi ininterrottamente.

Una delle azioni dimostrative più singolari è stata fatta ad Amsterdam nell’estate 2014. «Protetto da un elastico (jumping), mi sono lanciato da un edificio alto 80 metri, gridando “Isis f**k you”. Come si può dedurre, denunciavo i crimini dell’Isis al confine tra Iraq e Siria, dove gli omosessuali vengono gettati dai tetti dei palazzi». Nicola denuncia anche lo stato di abbandono in cui versano alcuni siti nuragici in Sardegna. Nell’agosto 2015 ha posato completamente nudo davanti al nuraghe Santa Barbara di Sindia.

Poi c’è “Made in Sardinia”, una denuncia dell’occupazione militare dell’isola, della presenza dei poligoni e della costruzione di bombe: «A Domusnovas una fabbrica produce le bombe che l’Arabia Saudita adopera per bombardare i civili nello Yemen. Mi chiedo perché la Regione rimanga inerme dinnanzi a questo scempio commesso contro la nostra isola, che modifica la morfologia del territorio».  Qui Nicola si è vestito da militare e ha posato davanti a un piatto con della pasta lievitata, sanguinante, “trafitta” da una bomba. «La pasta lievitata vuole simboleggiare la terra maltrattata», ribadisce.

L’ultima performance, che lo ritrae nudo nella spiaggia di Is Arenas,vicino Oristano, è più attuale che mai: “Persecuted” (Perseguitati, ndr.) denuncia le torture subite dagli omosessuali in Cecenia e la tragedia dei migranti che muoiono in mare mentre cercano di scappare da guerra e carestia. In ogni esibizione, è accompagnato dal fotografo Serafino Deriu e dall’addetto alle riprese video Marco Porcu. Per vedere tutte le sue azioni dimostrative basta andare sul suo sito web www.nicolamette.com o sul suo profilo Facebook. Nicola ci svela anche uno dei suoi progetti futuri: una performance a Londra, ma su questo mantiene ancora il massimo riserbo.

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