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“Un bagliore potente e poi l’inferno”. Il racconto di due sopravvissuti alla bomba atomica in Giappone

Toshiro Tanaka aveva 6 anni quando la bomba atomica soprannominata “Little Boy” fu sganciata a Hiroshima dall’aviazione statunitense alle 8:15 di una mattina del 6 agosto 1945, mentre andava a scuola.

«Vidi gli aerei in volo, poi una luce potentissima e poi l’esplosione – racconta – Non capimmo subito di cosa si trattasse perché c’era tanta confusione. Poi però mi ritrovai con ustioni gravissime su testa, collo e braccia e quando tornai a casa mia mamma non mi riconobbe. Quel giorno persi mia zia in un attimo». Già, perché in un attimo persero la vita 60.000 persone solo a Hiroshima.

Un’immagine della devastazione provocata dalla bomba atomica a Hiroshima

Le conseguenze su Toshiro, che ora è una signora di 79 anni e fa l’artista, si fecero sentire qualche anno dopo quando, all’età di 12 anni, fu colpita da una grave anemia. Ancora oggi soffre di herpes e frequenti emorragie intestinali.  Nonostante tutto, non è mai andata via dalla sua città: «Non sapevamo delle conseguenze che le radiazioni avrebbero provocato nel corso degli anni. Se avessi saputo, forse non sarei rimasta», ammette.

Toshiro oggi è a Cagliari insieme ad altri quattro sopravvissuti (Hibakusha) sbarcati stamane al porto di Cagliari dalla nave Ocean Dream per un viaggio attorno al mondo organizzato dalla Ong “Peace Boat Hibakusha Project“. Il capoluogo sardo è l’unica tappa italiana.

Insieme a lei c’è anche Seiichiro Mise, un imprenditore tessile di 82 anni che la mattina del 9 agosto 1945 si trovava nella casa vacanza della famiglia a Nagasaki. Aveva dieci anni.

Stava suonando un organo ma gli fu chiesto di smettere perché il suono poteva essere scambiato per il rumore degli aerei. Poco dopo vide un bagliore enorme e gli fu detto immediatamente di tapparsi le orecchie, chiudere gli occhi e gettarsi a terra. Poi l’esplosione.

«Fu come se il sole fosse caduto – racconta- Io non fui colpito direttamente, ma dopo 10 anni metà della mia famiglia è morta di tumore». Anche lui, come Toshiro, non ha mai lasciato la sua città: «Nagasaki è il posto dove sono nato, qui sono le mie radici e non ho pensato neanche per un attimo ad andarmene».

In Giappone, nonostante la tragedia, sono attivi quaranta reattori nucleari. «Noi sopravvissuti abbiamo sempre lottato per impedire che il governo li costruisse, ma inutilmente», dicono. Alla domanda su cosa ne pensano dell’energia nucleare che in Italia molti auspicano, non hanno dubbi: «Per noi sono due facce della stessa medaglia. Il nucleare, di qualunque tipo esso sia, deve essere messo al bando in tutto il mondo».

Gli hibakusha si imbarcheranno questa sera, direzione Valencia, per un lungo viaggio di 105 giorni che, dopo l’Europa, li porterà fino a New York. Obbiettivo: ottenere un trattato internazionale per la messa al bando delle armi nucleari.

 

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