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“Voglio essere un donatore”: una scelta che può regalare la vita. A Monserrato è nata l’anagrafe del donatore di organi

Una scelta che può regalare la vita. Nella sala polifunzionale di Monserrato è stata presentata la nuova “Anagrafe del donatore”, un registro che riporta la volontà dei cittadini sulla donazione post-mortem degli organi.

«L’iniziativa del Comune di Monserrato e dell’associazione onlus Prometeo – spiega la psicologa Fabrizia Salvago – permette di esprimersi su un tema delicato in un momento della vita più sereno. In questo modo le famiglie sono alleggerite dal decidere in un frangente, quello della perdita di un proprio caro, drammatico e spesso inaspettato». La legge 91 del 1999, infatti, non trasformò mai in esecutivo il principio del silenzio-assenso e la decisione, in mancanza di una pronuncia diretta del defunto, viene affidata alla famiglia subito dopo averle comunicato la perdita del loro congiunto, un fratello, un figlio o un padre. Solo con una decisione rapida gli organi possono essere espiantati.

Grazie all’iniziativa, il cittadino riceverà, al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità, un modulo attraverso il quale può esprimersi sull’argomento in condizioni di maggiore serenità e senza demandare il pesante fardello ai suoi parenti. Il successo dell’iniziativa non è ancora quello sperato: solo il 23% di coloro che hanno ricevuto il modulo hanno dato il loro consenso. Eppure basterebbe ascoltare una delle storie raccontate ieri per capire più a fondo l’importanza del gesto di donare una vita. Come l’esperienza di Daniela, trapiantata di cuore solo tre anni fa: «Oggi avrei potuto non essere qui a raccontare la mia storia. La mia vita ha avuto un nuovo inizio». Oppure la gioia di Renata, che dopo il trapianto è diventata mamma della piccola Irene: «Prima del trapianto di fegato, avevo trent’anni ma mi sentivo nel corpo di un’ottantenne: è solo grazie a un gesto totalmente disinteressato che ho potuto cominciare a vivere e dare alla luce la mia splendida bambina». Altrettanto incredibile il racconto di Stefano Caredda, che dopo il trapianto di fegato ha avuto addirittura una brillante carriera da ciclista: «La mia vita è stata salvata dal “sì” che una famiglia, travolta dal dolore della perdita, ha voluto dire, dandomi una seconda possibilità». L’incontro di ieri, fortemente voluto dal sindaco Locci e dal presidente di Prometeo Pino Argiolas, hanno partecipato alcuni medici del Brotzu coinvolti nel percorso del trapianto. Dai rianimatori Angela Loi e Francesco Usai, alle dottoresse Maria Rosaria Piras e Nadia Sanna, che si occupano dei trapianti di fegato e cuore. La paura è spesso l’ostacolo principale nella decisione di diventare donatori, come spiega la dottoressa Loi: «Si agisce soltanto al momento in cui sopravviene la morte encefalica, la cessazione irreversibile di ogni funzione. Quando si muore per arresto cardiaco, la morte viene dichiarata a seguito di un elettrocardiogramma di venti minuti del paziente. Con la morte cerebrale, che è la condizione necessaria per l’espianto, si monitora l’assenza di impulsi da parte del cervello per ben due ore prima di dichiarare la morte del paziente».

 

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