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Il parere dello studioso Carlo Tronchetti dopo la mareggiata che ha restituito una tomba punica a Chia: “Lì sotto c’è ancora tantissimo da scavare e da scoprire”

<<Sappiamo che la spiaggia di Chia è costellata di tombe (ne sono state scavate anni addietro più o meno trecento, di cui una buona parte è stata pubblicata) e che le mareggiate ogni tanto ne portano alla luce qualcuna>>. Carlo Tronchetti, archeologo ed ex direttore della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, per 20 anni direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, conosce bene quella fascia costiera, che va da Nora all’antica Bithia, zeppa di reperti archeologici fenicio-punici e romani. Alla fine degli anni Settanta guidò gli scavi a Mont’e Prama, lo studioso toscano ha ben presente bene la storia sarda e gli sviluppi legati a moltissime campagne di scavi.

Carlo Tronchetti.

Attualmente Tronchetti non si trova in Sardegna ma risponde con grande gentilezza alle nostre domande, lo stesso archeologo è affascinato dalle nuove scoperte della spiaggia de Sa Colonia, dove la mareggiata di sabato scorso ha restituito materiali e parti di strutture dell’antica necropoli punica (poi riutilizzata dai Romani), proprio come accadde all’archeologo Antonio Taramelli alla fine degli anni Venti, quando vide riemergere, nella stessa spiaggia, a ridosso della torre spagnola, parte della necropoli grazie all’azione di una violenta mareggiata. La sovrapposizione di epoche, anche a Chia, è evidente.

Nel caso del nuovo ritrovamento, l’azione del mare ha permesso di scoprire una tomba punica a cassone, databile tra il III secolo avanti Cristo e il I dopo Cristo, in piena epoca Romana ma anche tardo Punica (usanze, costumi e magistrature come il sufetato, infatti, a Chia andarono avanti sino al III dopo Cristo, poi nel V secolo la zona fu abbandonata a causa delle invasioni dei pirati saraceni).

All’interno del cassone tombale, scoperto integro (la mareggiata ha restituito altre parti di cassoni tombali e diversi tratti di elementi in muratura) sono stati ritrovati anche uno scheletro e due vasi. I materiali sono stati messi a disposizione della Sovrintendenza che provvederà a esaminarli per una datazione più precisa. Tronchetti ha un unico dubbio: <<Mi sembra strano che il corredo fosse così misero, perché abitualmente quel tipo di tombe è stato riutilizzato in epoca romana per la deposizione di incinerati, spesso anche svuotandole dei resti delle sepolture più antiche di epoca punica, e restituendo molti oggetti di corredo: urne cinerarie e vasi. Non si tratta, comunque, di un caso insolito>>. Il nodo della questione restano infatti le mareggiate, che puntualmente ogni 4-5 anni si ripresentano, scoperchiando letteralmente la fascia a ridosso della spiaggia de Sa Colonia e restituendo materiali e oggetti, depredati sistematicamente da privati (a Chia e Domusdemaria, così come in gran parte della Sardegna, numerose famiglie conservano dei reperti archeologici, molti dei quali preziosissimi). <<Penso di sì, anzi direi proprio di sì>>, sottolinea lo studioso, <<se una mareggiata scopriva qualcosa era ed è facile prendere quello che si vede. Il problema è che le tombe sono moltissime. Ripeto ne sono state scavate quasi trecento e ce ne sono ancora molte altre sepolte nella fascia costiera>>. Dopo la mareggiata a tombaroli e cacciatori di reperti non sarà sembrato vero. E moltissimo a Chia, l’antica Bithia, deve essere ancora scoperto.

L’area archeologica è situata al di sopra e ai piedi del promontorio di Torre di Chia. L’area prescelta per la costruzione delle prime strutture abitative mostra i canoni tipici degli insediamenti risalenti alla fase precoloniale fenicia in Sardegna: un promontorio sul mare, un porto fluviale e un entroterra protetto dai rilievi dei Monti Sa Guardia.

E se il tofet si trovava a Est, in quella che oggi viene chiamata isola de Su Cardolinu (davanti al porto fluviale, nell’estuario del rio Chia), la zona sepolcrale, anche nella fase arcaica, quella a incinerazione, è sempre stata sistemata lungo la fascia sabbiosa litoranea a Ovest del promontorio di Torre di Chia, sede dell’abitato di età arcaica. Non lontano verso Nord, fu rinvenuto un edificio sacro, attualmente nel giardino di una villa, con una statua monumentale tardopunica del dio Bes e un’importante iscrizione neopunica dei primi anni del III secolo dopo Cristo. Quest’ultima ha permesso di conoscere l’antico nome del centro (“Byt’n”) e di accertare la persistenza della tipica magistratura punica del sufetato ancora in piena età romana imperiale.
La tipologia delle sepolture nella zona mostra la predominanza delle incinerazioni, sia in fossa scavata nel terreno sia in cista litica, sebbene risulti documentata in misura inferiore anche la pratica dell’inumazione. Nella successiva età punica si diffuse in maniera quasi esclusiva la tomba cosiddetta “a cassone” con grosse pietre disposte lungo il margine delle fosse contenenti gli individui inumati con relativo corredo. In età romana il centro, localizzato lungo l’antica strada che da Nora conduce a Bithia, non fu molto esteso. Il definitivo abbandono dell’insediamento avvenne tra la fine del IV secolo e l’inizio del V dopo Cristo.

La scoperta dell’area cimiteriale avvenne nel 1926, in seguito a una violenta mareggiata, ad opera di Antonio Taramelli. L’archeologo effettuò le indagini tra il 1928 e il 1933. In quell’occasione venne individuato un lembo della necropoli fenicia arcaica e parte dell’abitato di età romana, attualmente visibile all’inizio della strada che s’inerpica sulla collina per giungere alla torre. Altri scavi nei primi anni Cinquanta del Novecento, con Gennaro Pesce portarono alla scoperta delle statuette fittili di sofferenti, mentre tra il 1976 e il 1983 Piero Bartoloni condusse una nuova esplorazione sistematica della necropoli. Ultimamente sono stati eseguiti degli scavi sull’acropoli, proprio sotto la torre. Scavi che hanno permesso di scoprire una lunga scalinata a gradoni di epoca Romana, unica nel suo genere in Sardegna. Proprietà private e mancanze di fondi non aiutano: <<Ma a ridosso della spiaggia de Sa Colonia, lì sotto, c’è ancora tantissimo da scavare e da scoprire>>, conclude Tronchetti. Chissà quando lo si potrà fare.

 

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