Bonifica e riconversione ma non chiusura dei poligoni e magari riduzione graduale degli spazi nel tempo. Nessuna rivoluzione immediata ma la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito ha aperto una piccola breccia circa la sopravvivenza delle aree militari della Sardegna. I quattro giorni di audizioni e sopralluoghi nelle aree militari dell’Isola sono serviti a capire che nessuno in Sardegna vuole più le basi. A parte, forse, i militari. <<Il mondo militare ha capito che non stiamo scherzando e che pretendiamo tutte le risposte che sono dovute al Parlamento>>, ha affermato il presidente della Commissione, Giampiero Scanu (Pd), nel corso della conferenza stampa che si è svolta stamattina in Prefettura a Cagliari. <<La Difesa ha le idee chiare sul fatto che non esiste niente di intoccabile, che la salute non è una variabile indipendente, che chi si batte per affrontare principi sacrosanti non è un disturbatore. Niente sarà più come prima, ha concluso Scanu, d’ora innanzi prevarrà un atteggiamento che tenderà all’affermazione di questi diritti. Se non di chiusura, si può invece parlare di mettere in discussione l’utilità degli stessi poligoni, soprattutto in considerazione delle dimensioni>>, ha chiarito Scanu. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Giunta regionale Francesco Pigliaru: <<Puntiamo al riequilibrio e a una riconversione in senso duale dei poligoni che attenui l’impatto delle servitù militari e apra la strada ad attività diverse utili per i cittadini e per l’economia dei territori>>.