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Artigianato. Le imprese femminili sarde sono le più in difficoltà d’Italia

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Le donne artigiane ce la mettono tutta per portare avanti le imprese, il loro lavoro e, quando c’è, quello dell’indotto. Ma spesso la volontà non è sufficiente per stare a galla. Secondo i dati diffusi da Confartigianato, infatti, negli ultimi cinque anni in Sardegna è scomparso quasi l’8% delle imprese artigiane femminili, che fra il 2008 e il 2013 sono passate da 5713 a 5262 unità. È il trend peggiore di tutta Italia.

Nelle province di Nuoro e Ogliastra le imprese artigiane femminili, 926 in tutto, sono diminuite del 3,5% rispetto al 2012. Si tratta del dato più negativo dell’isola, assieme a quello della provincia di Oristano, in cui si registra un -3,4% rispetto all’anno scorso. Sempre nel 2012, nella vecchia provincia di Cagliari (poco più di 2000 imprese) c’è stato un calo del  1,6%, mentre in quella di Sassari (1821 imprese) si registra un -2,9%.

Perché queste imprese chiudono? Soprattutto per la crisi, certo. Ma anche perché le leggi sull’imprenditoria femminile sono poche. E perché le donne nel 2013, in Sardegna come nel resto d’Italia, fanno ancora fatica a coniugare lavoro e famiglia. Insomma, se le imprese artigiane in generale soffrono, quelle femminili in particolare incontrano ancora difficoltà durissime. E questi dati fanno ancora più male se si pensa che prima della crisi l’imprenditoria artigiana femminile dell’isola cresceva più della media nazionale, con un +1,5% della Sardegna rispetto a un -0,3% di media italiana.

I dati della province di Nuoro e dell’Ogliastra sono dovuti principalmente a due fattori che conosciamo bene: l’isolamento e i pochi abitanti. Se tutte le province sarde sono in difficoltà, infatti, quelle piccole lo sono ancora di più. Le zone di Sassari o Cagliari hanno maggiori possibilità. Ma Nuoro e l’Ogliastra pagano molto caro il loro isolamento.  “Nelle province piccole il mercato domestico è davvero molto ridotto. – spiega Federico Marini, responsabile ufficio stampa Confartigianato Imprese Sardegna  – Si vende poco, ed espandere il proprio mercato costa troppo. Così queste zone pagano ancora più caro il prezzo della crisi. Sono penalizzate dal loro isolamento, e questo è veramente grave. Noi facciamo quello che possiamo per aiutare le piccole imprese artigiane, ma è davvero difficile. E questa situazione vale per tutte, quelle femminili e non”.

Tornando alla questione femminile, la Confartigianato ha fatto al Governo delle richieste ben precise per arginare la situazione. Innanzitutto, ha chiesto di rendere fruibili i 20 milioni di euro destinati alla sezione speciale del Fondo centrale di garanzia dedicato alle imprese femminili. La destinazione di questi soldi era stata approvata con un decreto dello scorso marzo, ma ancora non si è visto niente. “Quei 20 milioni – precisano dall’Associazione Artigiana – sono importanti per le donne che vogliono fare impresa e che hanno maggiori difficoltà di accesso al credito rispetto ai colleghi maschi”. Poi, la riattivazione  del Tavolo dell’Imprenditoria Femminile con la rappresentanza delle associazioni imprenditoriali. E infine la Confartigianato ha proposto una nuova edizione della legge 215 per l’imprenditoria femminile. Legge che, scrivono, “ha consentito la nascita di 70000 aziende guidate da donne e ha permesso un incremento occupazionale di oltre 90000 unità in tutta Italia”.

Ma ci sono segnali di ripresa? In altre regioni, come Valle d’Aosta e Toscana, sì. In altre, come Sicilia, Basilicata e soprattutto Sardegna no. “Ci sono altre regioni  che stanno riprendendo, e questo vuol dire che rialzarsi è possibile. Ma in Sardegna ci sono mali antichi, che si sono cronicizzati con la crisi” dicono da Confartigianato.  “Il mercato domestico è fermo, quindi nell’isola non c’è la capacità di acquisto per fare andare avanti le imprese. Vendere fuori costa troppo, così le piccole imprese artigiane che potrebbero avere un mercato fuori dall’isola non riescono a esportare i propri prodotti”.

“Negli ultimi anni sono scomparse in tutto fra le 5000 e 6000 imprese artigiane. – continuano da Confartigianato – Sono dati devastanti, che descrivono una situazione in cui le piccole imprese stanno scomparendo. Si stanno perdendo tanti posti di lavoro, sia diretti che dell’indotto.

E le nuove aperture? Nell’ultimo trimestre ce ne sono state 477, contro 579 chiusure. Una differenza di cento unità che dice tanto. “Bisogna dire che è forte anche l’incidenza del lavoro nero, che c’è e si vede a occhio nudo. – dicono da Confartigianato – Capiamo che la gente deve mangiare, ma il lavoro nero non può essere giustificato perché fa crollare tutto. Penalizza se stessi, e anche le persone che cercano di fare le cose in regola nonostante tutto”.

Soluzioni facili non ce ne sono. “Bisognerebbe aumentare la capacità economica, defiscalizzare, ridurre il cuneo fiscale e la burocrazia. Faccio un esempio – dice Marini – A Cagliari per ottenere una concessione edilizia ci vogliono in media 252 giorni. Una tempistica folle, che fa si che ogni anno solo a Cagliari si perdano 70 milioni di giro d’affari”. E, a proposito di burocrazia, gli ultimi dati nazionali diffusi da Confartigianato parlano di cifre che fanno girare la testa.

Per quanto riguarda la situazione nazionale, ogni anno 30 miliardi di euro finiscono ini burocrazia. Un’incidenza sul Pil del 2%. “Basti pensare che ogni artigiano lavora in media 10 giorni al mese per pagare burocrazia” concludono da Confartigianato.

 

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