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Barisardo coccola il campioncino Alberto Piras.

Alberto Piras, sulle orme di Nibali.

 

Alberto Piras (il primo a destra) con il suo team.

Il ciclismo italiano è uno sport ricco di storia e di personaggi come Francesco Moser, Fausto Coppi e Gino Bartali. Per arrivare all’ultimo ventennio delle epiche volate di Cipollini, le vittorie sofferte di Gianni Bugno e le grandissime emozioni regalate dal “Pirata” Pantani. Ciclismo contaminato anche recentemente dal cancro chiamato doping, che nonostante gli scandali mantiene comunque il proprio fascino e romanticismo. Poi ci sono le grandi classiche come il Tour de France, il Giro d’Italia, la Vuelta, la Milano Sanremo. Arrivare un giorno a percorrere quelle strade, che sembrano non finire mai, bagnate dal sudore dei miti del ciclismo, è il sogno e l’obiettivo di Alberto Piras. Quindici anni, di Bari Sardo, Alberto ha avuto la sua prima bici a otto anni. Di là a poco è cresciuta in lui la passione per questo sport.

 

Come hai iniziato?

 

Ho iniziato ad andare in bici a dodici anni. Questa passione è iniziata per caso. Un mio amico mi chiese se volessi partecipare ad una gara nel mio paese. Io accettai e vinsi la gara. Da quel giorno non sono più sceso dalla bicicletta. Adesso faccio parte di un team, la SC Terranova – Fancello Cicli di Olbia.

 

Che tipo di ciclista sei, quale stile segui in gara?

 

Sono un passista scalatore, uno che va sia in salita che in pianura. Il passista scalatore è quel corridore che per struttura fisica, caratteristiche o stile di corsa, riesce a pedalare in salita ad una velocità sostenuta e costante. A differenza dei grimper non esegue delle accelerazioni brucianti, ma, se necessario, rimanendo seduto sulla sella aumenta la velocità progressivamente.

 

Quanto tempo dedichi agli allenamenti?

 

L’allenamento è importante come in tutti gli altri sport. Anche nel ciclismo ci vuole costanza e applicazione. E’ uno sport di estremo sacrificio fisico, dove lo sforzo è veramente notevole, e non sempre le condizioni sono ideali nelle gare. Abbiamo visto quest’anno al Giro d’Italia, saltare alcune tappe. Mi alleno circa quattro volte alla settimana e faccio dai 40 agli 80 km ad uscita in bicicletta.

 

Giovanissimo ma già con qualche trofeo in bacheca. Quali sono le tue aspirazioni e cosa pensi del doping e del recente caso di Di Luca?

 

Corro per diventare un professionista. Quest’anno ho vinto il Campionato Regionale a cronometro e la Coppa “Dentoni” a Olbia. La gara che ricordo con più orgoglio è la trasferta in Toscana l’anno scorso. Confrontarsi con i migliori ciclisti italiani della mia categoria (allievi) e arrivare decimo su più di cento partecipanti è stata una grande soddisfazione. Penso che il doping nel ciclismo sia una cosa disgustosa. Addirittura trovi gente che si dopa per vincere un prosciutto o un semplice trofeo. Che soddisfazione provi a vincere una gara sapendo che sei dopato? Fai del male prima di tutto a te stesso! Di Luca è la terza volta che risulta positivo ad un controllo antidoping  e adesso verrà radiato dal ciclismo. Penso sia la giusta punizione.

 

Raccontaci qualche episodio curioso che ti ha visto protagonista in gara.

 

A Maggio con la mia squadra abbiamo fatto una trasferta a Canepina, in provincia di Viterbo. In gara mi sono accorto che il filo del cambio si era rotto all’improvviso. Nonostante la delusione, ho continuato la corsa e finito la gara.

 

Un consiglio a chi volesse avvicinarsi al ciclismo. Chi è il tuo corridore preferito o comunque a chi ti ispiri?

 

Consiglio a una persona che vuole avvicinarsi al ciclismo, di farlo piano piano, di sapere amare questo sport, perché ti regala tante soddisfazioni. Il mio obiettivo è diventare un ciclista professionista e il mio mito e Vincenzo Nibali, ultimo vincitore del Giro d’Italia.

 

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