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Elena Mulas, imprenditrice del tappeto di Urzulei

Artessile Urzulei

Elena Mulas al telaio

Intervista. Elena Mulas e l’arte della tessitura in Ogliastra.

 

A Urzulei si trova la bottega di Elena Mulas, artigiana del piccolo centro ogliastrino, che, grazie all’arte della tessitura appresa dalle anziane del suo paese e ai suoi continui esperimenti, è riuscita a dare al tappeto tradizionale sardo un aspetto del tutto nuovo. Il segreto di Elena risiede nell’utilizzo di un prodotto naturale, l’asfodelo, erba che nasce spontaneamente nelle nostre campagne. Le opere della  Mulas si caratterizzano proprio per l’utilizzo di una particolare trama di asfodelo sui tessuti, che crea consonanze originali e tonalità ricche di giochi di luce.

 

Come ha iniziato a fare questo lavoro?

 

Ho iniziato tessere fin da piccola, grazie agli insegnamenti di mia nonna, che mi ha tramandato i primi rudimenti della tessitura tradizionale. Il telaio antico sardo, quello fatto di legno di ginepro, è stato la mia palestra. A 15 anni ho iniziato a lavorare in un’impresa tessile come dipendente. Questa esperienza mi è servita per acquisire più sicurezza e professionalità, al punto che dopo qualche anno ho deciso di diventare io stessa imprenditrice, mettendo così a frutto tutti gli insegnamenti di mia nonna e i lunghi anni di lavoro come dipendente. Oggi la mia ditta, Artessile, coniuga tradizione e innovazione.

 

Che tipo di produzione fate? Qual è il vostro cavallo di battaglia?

 

Inizialmente il nostro prodotto principe era il tappeto, che crimane ancora oggi uno degli articoli più richiesti. Ma da qualche anno a questa parte stiamo ricevendo molti ordini sulle tende e sui tendaggi, il più delle volte personalizzate secondo le esigenze del cliente. Produciamo molti accessori per l’arredo e tutti i prodotti in tessuto utili in una casa, dalle tovaglie agli asciugamani.

 

Qual è il segno distintivo delle vostre lavorazioni?

 

Mi viene spontaneo risponderti che è la qualità! Tutto ciò che facciamo è realizzato con la massima cura e  professionalità. Le materie prime sono accuratamente selezionate e scegliamo sempre le migliori che il mercato offre.  A parte questo le nostre produzioni si distinguono anche per l’utilizzo durante la fase di tessitura d’inserti di asfodelo, quello che in sardo noi chiamiamo “iscraria”.

 

Come le è venuta in mente l’idea di usare l’asfodelo?

 

L’idea mi è venuta pensando all’infanzia, a quando da bambina osservavo le donne del mio paese mentre intrecciavano l’asfodelo per farne contenitori di uso quotidiano: cestini, gerle e stuoie.  In passato Urzulei basava la sua economia proprio sulla lavorazione manuale di queste suppellettili. Canestri, panieri e sporte erano barattati nei paesi vicini in cambio di grano, orzo e ceci, tutti cereali di cui il paese era povero per via del terreno poco adatto alla loro coltivazione. Quando il Comune di Urzulei ha avviato un corso gratuito per insegnare l’arte dell’intrecciatura ho deciso di partecipare. Proprio grazie a quel laboratorio ho affinato le mie competenze nel campo dell’intreccio che in parte conoscevo già, ma soprattutto ho imparato ad applicare queste tecniche al mio lavoro. Il risultato è stato un sodalizio perfetto tra asfodelo, lana, lino e cotone.

 

 

Quali sono le maggiori difficoltà di questo lavoro?

 

Potrei dirti che, essendo un lavoro manuale, le problematicità maggiori sono quelle dovute alla fatica fisica e alla difficoltà di tenere il passo con le richieste dei clienti. Tuttavia credo che la cosa che ci crea più problemi, a livello di impresa, sia la burocrazia. La complessità e le lungaggini burocratiche ci costano molto per quanto riguarda le spese e i tempi.

 

Nonostante le difficoltà, è un lavoro che ti offre soddisfazioni?

 

Indubbiamente. La soddisfazione più grande viene dal gradimento dei nostri clienti, molti dei quali sono clienti di vecchia data che vivono in Germania e persino negli Stati Uniti.

 

Pensa che il settore tessile possa essere uno strumento attraverso il quale rilanciare l’economia Ogliastrina?

 

Penso proprio di sì, ma per fare ciò abbiamo bisogno dell’aiuto delle istituzioni. Da poco sono stata in Tunisia, precisamente a Cartagine, dove ho partecipato al Festival Concorso Diart “l’Arte della Tessitura Mediterranea”. In quella circostanza ho potuto vedere come le autorità tunisine aiutino la produzione tessile locale non attraverso finanziamenti a pioggia o contributi a fondo perduto, ma dando gli strumenti necessari per essere al passo con i tempi e reggere alla concorrenza. Tutte le tessitrici tunisine, sia quelle delle città, sia quelle dei villaggi più isolati del deserto, hanno avuto dal governo un programma digitale che permette loro di elaborare in modo veloce e preciso i disegni e progetti. In confronto a loro siamo noi il Terzo Mondo.

 

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