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(FOTO) Tertenia: si rinnova l’antico rito del Carnevale con le sue maschere tradizionali

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Si è rinnovato ieri sera a Tertenia l’antico rito del Carnevale e delle sue maschere tradizionali. Organizzato dall’associazione culturale “Su Maimoni e Is Ingestusu”, in collaborazione con la compagnia teatrale “Sa corti de s’errisu”, la Pro loco, la parrocchia e il comune, l’evento è stato seguito da una folla di spettatori che hanno seguito la sfilata per le vie del paese.

Il carnevale tradizionale terteniese ripropone antichi riti propiziatori degli anni 30/40 che non erano stati più praticati per tanto tempo. In tempi più recenti, grazie allo studio dell’antropologa Claudia Zedda, è stato possibile riproporli al pubblico. L’antico carnevale terteniese iniziava il giovedì grasso, chiamato “giobia lardaiolu” giorno in cui le famiglie benestanti preparavano fave con lardo che venivano poi offerte alla gente. Gli uomini e le donne si travestivano con gli abiti tradizionali o con altri malandati, in maniera tale che non fossero riconosciuti da nessuno. Le maschere erano principalmente due: qualcuno si travestiva da pastore, con pelli di pecora e col viso o nascosto da maschere antropomorfe o annerito (“infoddinau”) da fuliggine, chi impersonava l’animale invece era ricoperto da pelli di capra, da una maschera zoomorfa caratterizzata da corna e rivestito da campanacci costituiti da ossa di animali. Queste due figure aprivano il corteo delle maschere con i loro tipici campanacci e annunciavano il passaggio del simbolo del Carnevale“su Maimoni”. Ad esso seguivano altri due carri: in uno trasportavano “s’urdi otre di vitello” vestito a morto, che veniva portato di casa in casa per chiedere del vino. Il vino veniva versato in “s’urdi” e attorno ad esso si univano delle donne vestite a lutto e col viso coperto da una fuliggine scura che nel corso della sfilata intonavano dei motivi funebri.

In un altro carro veniva trasportato “Carnevali”, che veniva rappresentato come un fantoccio con le sembianze di un gatto. Anche all’interno della pancia del fantoccio “Carnevali”, veniva versato del vino che si raccoglieva nel suo peregrinare di casa in casa e che veniva poi consumato al termine del rito, una volta che il fantoccio veniva processato e impiccato.

Alla sfilata partecipavano anche altre figure: “Sa Martinica”, “sa Ingrastula, il “Prete”, il “Vescovo” ed il “Medico”.

Su Maimoni, variante ogliastrina del “Mamuthone” di Mamoiada, è nella mitologia sarda una divinità invocata dai pastori e dai contadini per propiziare l’acqua e la pioggia. Nel corso della sfilata le maschere usavano infatti cantare: “Maimone Maimone abbacheret su laòre abbacheret su siccau, Maimone laudau”! (Maimone, Maimone chiede acqua il frumento, chiede acqua il seccato, Maimonelaudato). Il ballare delle maschere con ritmo cadenzato era una richiesta dell’uomo alla natura affinché seguisse i ritmi da lui desiderati. Il padre dell’archeologia sarda, Giovanni Lilliu, descrive “su Maimone” come un essere demoniaco invocato come “facilitatore di pioggia”. A Tertenia il termine “su Maimoni” può essere collegato ai riti per la generazione dell’acqua piovana. Nel paese ogliastrino, nei periodi di siccità, alcuni uomini si recavano di notte e in gran segreto, presso l’ossario, dove prelevavano dei crani in numero dispari. Questi crani venivano poi legati con del giunco e portati al fiume dove venivano messi in contatto con l’acqua.

Informazioni: Sardegna in blog, articolo “Carnevale tradizionale a Tertenia“.

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