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La leggenda dell’origine di Monte Ferru tra magia, leggende e antiche credenze

Fonte foto: Fotosardegna

All’epoca dei nuraghi, la piana di Sarrala era abitata da una moltitudine di persone.

La popolazione era divisa in due categorie: la razza dominante, alta sino a due metri e mezzo, e la razza subalterna, che non superava il metro e cinquanta. Sebbene fosse divisa in due categorie, la popolazione viveva in armonia: coloro i quali appartenevano alla razza subalterna svolgevano mansioni domestiche, cacciavano, coltivavano e pescavano per il benessere dei loro padroni dai quali chiedevano solo benevolenza e protezione. Tutti quanti erano accomunati dallo stesso fervore religioso. La popolazione adorava in particolar modo il Dio Babai, un dio degno di venerazione, che nell’Olimpo sedeva accanto a Giove, Marte e Nettuno. Il Dio Babai era il protettore dei sardi e ancora oggi si usa questo nome per chiamare il padre e gli uomini degni di venerazione. In seguito, con l’avvento dei Romani, tale divinità assunse il nome di “Sardus Pater Babai”.

La piana di Sarrala, denominata Saralapis era, per questi motivi, ambita da tante popolazioni della Sardegna, nonostante ciò non era terra di facile conquista per via dei monti che la proteggevano, dei nuraghi posti a guardia delle popolazioni che arrivavano dal mare e perché protetta dalle popolazioni subalterne.

Un giorno, alcune terribili tribù provenienti dalle zone interne costeggiarono il Monte Arbu e il Monte Tacchixeddu, posti a monte del paese di Tertenia e riuscirono ad allearsi con le mitiche Janas, che nutrivano una profonda gelosia nei confronti dei ricchi e benestanti abitanti di Saralapis. Insieme alle tribù organizzarono un piano. Nottetempo le Janas riuscirono ad introdursi nella piana di Saralapis assumendo le sembianze di animali e, per riuscire nel loro intento, si servirono della magia. Streghe, maghe e fattucchiere, si riunirono a Punta Sa Canna e ballarono su ballu tundu intorno ad un falò fino a notte fonda. All’alba la terra cominciò a tremare. Erano gli spiriti del male che le maghe avevano invocato. In men che non si dica, spuntarono cinque enormi gorilla che si riversarono inesorabilmente sulla piana di Saralapis: Neptulon seguito da Therazane, poi Akir con Ragnaros e infine il più piccolo ma non meno cattivo Azulan. Gli spiriti del male seminarono terrore ovunque. Saralapis non era più un brulicare di vita, ma un deserto desolato, dominato solo dai tre enormi gorilla. Essi dominarono la piana di Saralapis per tanto tempo finché un giorno, distrattamente, un Dio dell’Olimpio vide ciò che stava accadendo e corse ad avvisare il Dio Babai. Appena vide lo scempio, Babai rimase inorridito e in men che non si dica scatenò tutta la sua ira. Scese sulla terra, afferrò Neptulon e lo scaraventò a Punta Sa Canna: il suo corpo che si pietrificò all’istante, rimase immerso nel mare e la sua enorme testa di pietra sugli scogli. Più su di esso lanciò Therazane e scaraventò il piccolo Azulan sul Monte Bruncu Tronciu. Akir e Ragnaros li lanciò con violenza sul Monte Serra Pani, uno con la faccia rivolta verso Nord – Est e l’altro all’opposto. Tutti vennero inesorabilmente tramutati in pietra.

Per evitare che si ripetesse un altro scempio, Giove, Marte e Nettuno raccomandarono al dio Babai di non abbandonare mai più la piana di Sarrala. Fu così che Babai adagiò il proprio corpo tra il Monte Cuile e Perda Manna per custodire il luogo. Il tempo passava, le rughe gli solcavano il viso e il suo corpo, grande quanto un monte, diventava di roccia, di una roccia forte come il ferro. Con il tempo le religioni cambiarono, non si credé più agli dei e quel monte assunse solo il nome di Monte Ferru. Ancora oggi, dalla piana di Sarrala si possono scorgere delle sagome di enormi gorilla e vicino ad essi, mentre finge di dormire sornione, il Dio Babai Monte Ferru.

Leggenda tratta da un racconto di Adalberto Ferru, sul sito Agugliastra, del 3 dicembre 2012.

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