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Amarcord ogliastrini. Il Natale tortoliese e bariese nei ricordi di Anita Congiu e Tottona Dettori

 

E’ arrivato il Natale. I bambini sono pronti a scartare i regali ed il paese in festa si diletta nella realizzazione di decorazioni e eventi. Sicuramente a molti sarà sorta la curiosità circa il modo in cui veniva festeggiato il Natale nei tempi antichi. A parlarcene sono proprio due anziane tortoliesi che ci narrano di un Natale remoto, che pareva arrivasse con lo scopo di spazzar via la miseria. 

Anita Congiu,  81enne, ha trascorso un’ infanzia serena, nonostante abbia conosciuto la seconda guerra mondiale. Lei ci parla di un passato in cui era raro ricevere dei regali.  I bambini, credendo di essersi comportati bene, speravano che Gesù bambino non si fosse dimenticato di loro; perciò non davano importanza al contenuto del dono ma al gesto in sé. La madre di Anita, per renderla felice, il giorno di Natale le faceva trovare accanto al letto delle mentine, contenute all’interno di scatole variopinte, con le quali poi adorava giocare. Ai suoi tempi non esistevano né Albero né Babbo Natale, ma era il presepe a ricevere gran parte dell’attenzione.

Le famiglie benestanti facevano a gara nella creazione del presepe più bello. Nei negozi di Tortolì venivano vendute soltanto le statuette di ceramica raffiguranti la Sacra Famiglia. Solo col tempo vennero introdotti anche gli altri personaggi. Anita però ci parla dell’uomo più nobile del paese (il Signor Marco Antonio) che, ogni anno, aveva il compito di realizzare il presepe della cattedrale di Sant’Andrea.

L’opera veniva realizzata nella cappella alla destra dell’altare ed era costituito da gran parte dei personaggi. Il signore, oltre ad essere ricco, era anche molto abile nella realizzazione del presepe, che ogni anno attirava anche l’’attenzione dei forestieri.

Il Natale a Tortolì era molto sentito soprattutto dal punto di vista della condivisione. Le famiglie più ricche infatti provvedevano a donare, a chi non possedeva nulla, dei cesti colmi di cibo, in modo che anch’essi potessero trovare nel Natale un po’ di serenità. Durante l’anno molta gente girava scalza, eppure per la messa natalizia tutti provvedevano ad indossare l’abito della festa. Le donne più agiate possedevano  gioielli riservati proprio alla messa solenne, poiché era in quel momento che ragazzi e ragazze potevano guardarsi e “scegliersi”. Gli sguardi amorevoli continuavano anche durante le messe successive al Natale, in cui le donne, accompagnate e vigilate dai fratelli o dai padri, sostavano nella navata centrale, mentre gli uomini nelle navate laterali.

Tutti i ragazzi che adocchiavano una fanciulla, cercavano con lo sguardo il consenso dei familiari, sperando di poter dare l’avvio al fidanzamento. Raramente le madri di famiglia partecipavano alla messa solenne, poiché era loro compito preparare il pranzo natalizio con i pochi averi che avevano a disposizione. I parenti infatti si riunivano a festa e, tra risate e racconti, erano in grado di rendere indimenticabile ogni Natale.

Tottona Dettori,  78enne, ci parla invece del Natale Bariese. A Bari Sardo la situazione era ben diversa, perché  la maggior parte delle persone viveva in una condizione di immensa povertà. Nonostante il cibo durante l’anno fosse molto scarso, le famiglie cercavano comunque di rendere il menù natalizio più vario con “culurgiones” o con la pasta asciutta. Si cercava inoltre di fare il pane fresco come “su pani pintau” e alcuni dolci come “sa paniscedda”.

La famiglia di Tottona non era solita festeggiare il Natale tra parenti ma semplicemente in famiglia. Ricorda inoltre che, prima delle vacanze di Natale, la maestra a scuola faceva scrivere ad ogni bambino una letterina da far trovare il giorno della festa sotto il piatto di un genitore. Quest’ultimo leggendolo si commuoveva. I bambini di allora per Natale non ricevevano regali, ma per l’Epifania speravano di trovare all’interno delle calze, oltre al carbone e alla cenere, anche qualche dolcetto e frutta.

A Bari Sardo, al momento della celebrazione natalizia, era abitudine indossare l’abito della festa. Quello di Tottona era realizzato con un tessuto ricamato a punto d’ape. Inoltre, come in ogni paese, si attendeva la nascita di Gesù con la partecipazione alla Novena.

 

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