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La Stefano Cucchi Onlus si trova in Sardegna: proiezione del film e incontri, a Macomer, Cagliari e Villacidro

10 mila pagine di atti processuali, 7 anni di processi, 73 udienze e le deposizioni di 140 persone, questi sono i numeri del film “Sulla mia pelle”, che racconta gli ultimi 7 giorni di vita di Stefano Cucchi. Un film basato esclusivamente su quanto è emerso dai processi, nel quale mancano solo le scene relative al pestaggio, perché per quanto fosse palese che Stefano era stato picchiato selvaggiamente, fino all’11 ottobre giorno in cui il carabiniere Francesco Tedesco ha confessato, del pestaggio mancavano i nomi dei responsabili. In questi giorni l’ Associazione Stefano Cucchi Onlus si trova in Sardegna per una serie di incontri, legati alla proiezione del film, durante i quali si affrontano diverse tematiche relative a situazioni come quella che ha vissuto Stefano Cucchi. L’associazione porta avanti una serie di battaglie,a cominciare dalla sensibilizzazione, allo scopo di abbattere i pregiudizi, ci sono ancora tante persone che trovano normale che una persona che finisce in carcere possa perdere la tutela dei propri diritti, il solo fatto di aver commesso un reato, secondo molti giustifica atti di violenza da parte delle forze dell’ordine. E se oggi Ilaria Cucchi ha dovuto rinunciare al collegamento telefonico coi ragazzi di Macomer perché costretta a recarsi in commissariato a denunciare le ennesime minacce di morte e insulti subiti, significa che c’è tanto lavoro da fare. La battagliera sorella di Stefano, come lei stessa ha scritto su Facebook, ha ricevuto ancora gravi minacce che sembrerebbero provenire proprio da rappresentanti delle forze dell’ordine.

«Questi incontri – ha spiegato Rossana Noris, vice presidente della Onlus– hanno diverse finalità. Oltre che far conoscere la storia di Stefano, uno dei nostri obiettivi è quello di sostenere le famiglie di persone che hanno vissuto la stessa esperienza di Ilaria Cucchi, ma che non hanno avuto la forza e i mezzi per ottenere giustizia, per far emergere la verità». Sono moltissimi, troppi, i casi di persone decedute in carcere, o subito dopo l’arresto, in circostanze poco chiare, spesso archiviate sbrigativamente come suicidi, ma non sempre le famiglie riescono a far riaprire il caso, a effettuare perizie e a portare avanti battaglie legali destinate a durare anni. La proiezione del film, le discussioni dopo la visione, motivano le persone a trovare il coraggio di affrontare un percorso simile a quello che ha portato la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria a dimostrare finalmente, ma ci sono voluti quasi dieci anni, la verità su come andarono le cose quel giorno.

«Questo film sta smuovendo le coscienze – prosegue la vice presidente dell’associazione- a Milano, a una delle proiezioni si è presentata Mirella Maggioni, la mamma di Alessandro Gallelli per raccontarci la storia di suo figlio». Nel 2012 Alessandro fu trovato morto in carcere, nella sua cella, alla madre fu dichiarato che il ragazzo si era tolto la vita, nella cella dove era finito a 21 anni per reati minori. La madre non ha mai creduto a questa versione e ha chiesto nuove perizie. «Noi ci battiamo perché non avvengano più episodi di questo tipo – precisa la Noris-, perché chiunque, criminale, incensurato, pedofilo, spacciatore non importa, una volta che diventa un detenuto nelle mani dello Stato, non deve perdere i suoi diritti. Questo non significa che non stiamo con le forze dell’ordine, la nostra non è mai stata una battaglia contro i Carabinieri, anzi la nostre iniziative servono proprio a distinguere quegli elementi che non rispettano le leggi». Non sono infatti solo le morti dei detenuti a preoccupare, il fatto che vi sia un alta percentuale di suicidi anche tra gli agenti, e casi con molte ombre, come quello di Salvatore Verdura, fa pensare che sia proprio il sistema ad avere delle falle.

Proprio per questo l’Associazione Stefano Cucchi in questi incontri si prefigge anche di sensibilizzare le persone su due temi importanti: la legge sulla tortura e quella sui codici identificativi per gli agenti delle forze dell’ordine. La prima, approvata lo scorso luglio presenta una serie di criticità per cui se anche fosse stata in vigore nove anni fa, non sarebbe servita a far condannare gli autori del pestaggio ai danni di Cucchi. La seconda invece è la proposta di una legge, già in vigore da anni in altri paesi, che prevede che gli agenti delle forze dell’ordine portino sulla propria divisa un codice identificativo visibile a tutti, la Onlus si batte affinché questa legge venga approvata anche in Italia. Ieri nella prima giornata cagliaritana, si è parlato del caso di Aldo Scardella, col fratello Cristiano, che visibilmente emozionato ha raccontato quanti lati oscuri nasconda questa vicenda. Stamattina invece Rossana Noris ha incontrato 200 ragazzi delle quinte superiori a Macomer. Il calendario degli incontri è fittissimo, in Sardegna sono previste ancora due date per la proiezione del film, oggi a Cagliari a Su Tzirculu dalle ore 16 e domani a Villacidro, alle 17.30 all’Auditorium Santa Barbara. Nei prossimi mesi sono previste altre date per nuovi incontri, ancora da definire.

 

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