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Villagrande, l’Associazione Amistade e Sabrina Peralta uniscono le forze. Obiettivo? Un viaggio indietro nel tempo alla scoperta delle radici

Una ricerca importante, quella che vede unite le forze di Sabrina Peralta – appassionata di genealogia – e dei membri dell’Associazione Amistade.

Protagonista, il paesino di Villagrande, campione di longevità. È possibile tornare indietro, unire tutti i nomi individuando, così, per ogni clan familiare un capostipite? Questa è stata la domanda che ha animato i membri dell’Associazione Amistade. Per puro caso, a questa loro ricerca si è unita quella di Sabrina Peralta che, usando un metodo diverso – che non si ferma, al solo paese ma che ricostruisce anche gli spostamenti di un individuo all’esterno di esso –, vorrebbe scoprire la stessa cosa. Due ricerche separate, per ora, che potrebbero unirsi presto. Ma come mai?

«Abbiamo analizzato i Quinque libri – i libri che ogni parrocchia, sin dal Concilio di Trento, usava tenere – a fondo,» dice Alessio Seoni, Presidente dell’Associazione Amistade «annotando come prima fase quindicimila nomi. I libri a Villagrande partono dal 1632, ma ci sono due buchi importanti, uno a metà del 1600 e uno agli inizi del ‘700. Si è deciso di ricostruire, infatti, fino all’ultimo buco. Colmare le lacune perdute per chissà quale gioco del destino sarebbe troppo gravoso».

In quei libri della Chiesa, centinaia di anni, di parentele, di unioni e di spiegazioni. La storia di ogni villagrandese.

«Tra i cinque libri molto importante è spesso quello dei matrimoni. Se si è fortunati, oltre alle date, ci sono i nomi degli sposi, i nomi dei rispettivi genitori e dei testimoni. Sono certamente importanti anche quelli dei Nati (dove si trovano, oltre al nome completo e corretto del nascituro, le date, il nome dei genitori e dei padrini), quello dei Defunti, quello dello Stato delle anime e quello delle Cresime/Conferme. Spesso le informazioni sono esigue ma è pur sempre un punto di partenza».

Secondo step, unione di tutti i nomi. Insomma, con grande fatica, si ricostruisce ogni ceppo familiare. Ma così ci si ferma Villagrande. Quindi quando una persona esce dai confini del paese, non si trova più (ed ecco perché, il metodo di Sabrina Peralta, basato su telefonate e su ricerche esterne, potrebbe aiutare a dare una svolta estendendo un progetto già di per sé vasto).

Una ricerca, quella dell’Associazione Amistade, importante, che occupa gli ultimi anni. Le scoperte, in certi casi, sono state sorprendenti.

«Non era un solo paese,» continua Seoni «ma tanti piccoli paesi uniti in uno stesso luogo. I matrimoni, ad esempio, avvenivano in famiglia. Ci si sposava tra cugini primi quasi sempre, era la regola. Più che altro si trattava di conservazione di patrimonio e avveniva non solo tra le famiglie abbienti ma anche tra le famiglie povere. Inoltre, tranne rari casi – famiglia Loi, Demurtas, Seoni troppo vaste –, in questi tre secoli di ricerche è possibile individuare per ogni famiglia un capostipite».

Ma ci sono anche altre curiosità. Alessio Seoni le riporta con certosina chiarezza.

«Pensavamo in origine che sulla trasmissione del cognome per via paterna non ci fossero dubbi, invece abbiamo trovato molte difficoltà. Poteva avvenire che ci fosse il doppio cognome o addirittura che venisse tramandato il cognome della madre, specie se proveniente da una famiglia nobile o ricca. In altri casi, addirittura, il soprannome sostituiva il cognome vero e proprio e si affermava, nel tempo, come autonomo. Anche i nomi di persona sono cambiati molto nel corso degli anni. Fino all’Ottocento, si trovano molte Sinforosa, Gaudiosa, Lucrezia, Violante, Gertrude. Non trovi un Mario, pochi gli Angelo. C’è un periodo dove quasi tutti si chiamano Domenico Antonio!»

Altra cosa che emerge dalla ricerca è che alcuni nomi sono nei tempi antichi prerogativa di una determinata famiglia. Questo, unito al fatto che per rispetto in alcuni periodi sia usanza dare ai bambini il nome di padri, di nonni e di zii, crea una gran confusione: molti gli omonimi, difficile unirli e creare linee familiari.

«Di alcuni cognomi estinti rimane traccia nella toponomastica. Sotto il cimitero ci sono i resti di un vecchio abbeveratoio, quella zona si chiama “Su ‘e ir Mossonese”. Ecco, Mossoni era un cognome tipico. Stessa cosa per Su es Coas, cognome Coas. Costa ‘e Cirresu, cognome Cirresu. Anche Su ‘e Luesu, cognome Luesu».

La ricerca è quasi giunta alla fine. Rimangono poche linee da collegare ancora. Sabrina Peralta potrebbe essere una pedina importante per ampliarla e renderla così completa.

«Mi sono sempre appassionata di genealogia. Ho terminato alcuni alberi genealogici impiegando anni in ricerche. Spendendo anche dei soldi, poi, perché non tutte le informazioni sono gratuite» racconta la Peralta «Il mio interesse va più a fondo. A chi assomiglio? Questo mi viene da chiedermi. Ma anche, in senso più vasto, come erano i sardi originari? Eravamo bassi o alti, chiari o scuri? È una cosa che da sempre mi affascina. Sono le nostre radici. Avevo proprio intenzione di iniziare a cercare i collegamenti e volevo proprio chiamare la mia ricerca S’Arrejinasa. Poi ho scoperto che l’Associazione Amistade se ne stava già occupando. Metteremo a disposizione le nostre forze per far nascere un progetto riuscito, completo e per renderlo pubblico».

 

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