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(FOTO) L’artista ogliastrino Valerio Pisano, tra ironia e serietà. Un percorso artistico tracciato a penna

L’artista 50enne Valerio Pisano, originario di Lanusei, inizia a esprimersi con il disegno fin da giovanissimo.

Ora è un “pittore, disegnatore – brandisce la penna a biro come un’arma da taglio per tenere lontano i nemici – facitore di mille invenzioni e, soprattutto in “Profumo di ringhiera”, poeta di un’ironia ribelle che si intrattiene entro gli ambiti di una tridimensionalità non solo fisica ma mentale”, come si legge nella sua pagina Facebook, ma è andando indietro nel tempo che si possono trovare le radici di quello che è adesso, un cultore dell’arte originale, sempre dettata dalla libertà e dall’ispirazione più profonda.

È ironico, in quel suo modo di non prendersi troppo sul serio, e pieno di passione. Chiara fin da subito, la sua totale e completa devozione nei confronti della creazione artistica, compagna fedele, amica da sempre, sostegno e amore puro. L’ispirazione – racconta – gli arriva da tutto: «A volte è ricercata, a volte arriva per caso guardando una nuvola, le pieghe di un lenzuolo, può essere persino originata da scambi di battute. Ovunque, veramente ovunque. Con i miei lavori mi piacerebbe donare sorrisi, sorprendere le persone con creazioni più originali possibili. È veramente difficile riuscire in questo intento, però è una bella sfida».

È ben disposto a dare un passaggio su una navicella temporale e il viaggio a ritroso mostra un Valerio Pisano piccolo, indisciplinato, divertente e irriverente a tratti ma con un progetto ben chiaro in mente. Da bambino non gli piace granché la scuola – racconta – quindi il tempo lo trascorre a disegnare/pasticciare sui libri e sui quaderni. E non solo, anche banchi, sedie e qualsiasi superficie piana potenzialmente disegnabile. Tutto quello che può accogliere la sua fantasia è ben accetto, insomma.  «I disegni che invece facevo “legittimamente” durante l’ora di disegno» spiega «erano più curati. Disegnavo paesaggi con prati, alberi, case, a volte copiavo immagini di santi, a volte disegnavo galeoni e altre navi da guerra moderne».

Il periodo delle medie non è particolarmente proficuo, segue un corso di pittura ad olio e si ritira dalla scuola privata dei Salesiani. Motivo della rinuncia a quest’istruzione prestigiosa?  «Per eccesso di “scabessadasa”, visto che ero molto turbolento e quindi la retta probabilmente prevedeva ogni tipo di strumento per poter correggere la mia ribelle spontaneità». Nell’Istituto statale dove approda, la sua creatività si rasserena. Disegna perlopiù case, infatti il suo insegnante di disegno gli propone il progetto di un’abitazione partendo dalla pianta della casa con sviluppo dei prospetti. Poi, a ruota, un periodo in cui disegna “mostri tipici da catalogo Heavy metal, paesaggi tetri e robaccia del genere” e un altro in cui si dedica “a qualcosa di più leggero, pilotato da impulsi sentimentali». 

Usa sempre la penna e sperimenta pastelli, carta carbone, carboncino, acrilico, olio e tutto ciò che possa essere adoperato per lasciare una traccia sul foglio, compreso il sangue, le vernici tossiche, il caffè e il vino. Arrivano in quel periodo le prime mostre collettive.

«Questo mi ha permesso di mettermi in gioco, ascoltando le critiche, negative e positive, i consigli, i pareri delle persone. Tutto ciò mi ha arricchito, soprattutto le critiche negative, alle quali ho dato sempre un valore importante, perché è stato grazie a queste, che hanno smosso qualcosa in me e mi hanno permesso di crescere ed ottenere le soddisfazioni più belle che, penso, un artista debba avere. La consapevolezza che le persone apprezzino quello che scaturisce dalla tua fantasia è fantastica. Perché, purtroppo, molto spesso questa libertà viene privata all’artista al quale si chiede o si commissiona un lavoro pilotato dal committente al punto tale che sull’opera ci sarà carenza di “anima”, “sentimento”, “libertà”» spiega l’artista originario di Lanusei

Qualcuno gli consiglia di cambiare tecnica. La penna, gli viene spiegato, non è nobile, non dà risultati ottimi come, ad esempio, la pittura ad olio. Si convince, prova a dipingere e, nonostante i risultati soddisfacenti, non si sente libero. Nel decennio tra il 1990 e il 2000 allora decide di dedicare il suo pensiero creativo all’uso della penna.  Vince ancora una volta nell’artista la sua immensa passione, la sua libertà di creare senza costrizione alcuna, senza limiti, senza catene. La penna è il suo modo per mettere su carta il pensiero, di concretizzarlo facendolo diventare vero, reale, perfetto.

Dopo un periodo di blocco, una rinascita esplosiva.  «Avevo riesumato vecchi scarabocchi per poi trasformarli in un libro con più di 200 illustrazioni. Dopo aver conosciuto i meccanismi poco lineari che circondano il mondo dell’editoria, di queste 200 illustrazioni ho deciso di realizzarne fisicamente 23, creando “Profumo di Ringhiera” accompagnata da un catalogo recensito dallo scrittore e critico d’arte Roberto Gramiccia. Con “Profumo di Ringhiera” ho aperto una piacevole parentesi» racconta Valerio Pisano «e ho condiviso con l’amico artista Gianleonardo Viglino alcuni progetti artistici molto apprezzati, “Media Imprinting” e “Tunnellagio”. Lui mi ha insegnato a lavorare materiali che non conoscevo sotto quel punto di vista, plexiglass, legno, metalli, marmo. Con “Profumo di Ringhiera” ho esposto in una storica Galleria (La Nuova Pesa) in Via del Corso a Roma assieme ad artisti famosi quali Jannis Kounellis, Renato Mambor, Vittorio Messina, Pizzi Cannella, Cloti Ricciardi e altri».

Il primo ritratto di penne risale al 1976, Pisano lo trova qualche anno fa – dopo l’inizio del suo interesse artistico per le penne BIC – all’interno di un album da disegno posto dentro un libro di terza elementare.  «Un tesoro inestimabile per me» racconta, con slancio emotivo. Un collegamento con il passato che, inaspettato, gli regala un sorriso e un po’ di sorpresa.  Nel 2009, per puro caso, inizia un particolare periodo della sua arte. In un momento di “pasticci annoiati”, un medico tenta di prendere una penna che lui ha disegnato. La sorpresa passa dall’uno all’altro in un battibaleno e Valerio decide che quello sarà il suo prossimo compito, la sua prossima missione: disegnare le penne, farlo con cura e precisione. Renderle vere, vestirle con abiti e umanizzarle.

«Successivamente l’evoluzione delle penne fu esplosiva. Le disegnavo in tutte le salse, le feci nascere creando delle braccia e delle gambe e le trasformai in qualsiasi cosa. Nodi, Bronzetti, personaggi di ogni genere vestiti in qualsiasi modo, preti, poliziotti, santi, sposi, coppie in costume folkloristico sardo e non, calciatori, pugili, ballerine, cantanti, maratoneti, degustatori, bandiere, personaggi delle carte da gioco, il kamasutra, penne lunghissime, cortissime, che si piegano e compongono qualsiasi forma. Tappi. Centinaia, migliaia di tappi ammucchiati, disegnati uno ad uno, tutti su un foglio o tutti separati in piccoli rettangoli di cartoncino per poter comporre un pannello di almeno 600 elementi. Rivisitazioni di dipinti famosi dove l’elemento penna è entrato prepotentemente a dimostrare che esisteva ed è sempre esistita, sia nella cultura di nazca che nella scrittura egizia, nelle anfore greche, nelle statue scolpite in diverse epoche. Inoltre ho creato una serie di oggetti inediti. Componenti di arredamento, cancelleria, oggettistica di vario genere. Sempre con lo stesso tema. Ho da poco creato delle vetrofanie che mi hanno permesso di creare una cassettiera nel bagno di casa. Possono essere applicate a vetri temperati delle dimensioni e forme preferite per poi poterle usare come superficie di un tavolo, o sulle pareti come quadri».

Di quest’anno, il cortometraggio “A Pen’s Odyssey”, un progetto che, dedicato all’“Odissea di una penna durante le fasi della paziente creazione di un disegno”, ha unito il talento dell’artista lanuseino con quello del regista, anch’esso ogliastrino, Alessio Cuboni.

Nella sua pagina personale, altri video. Particolarmente interessanti, “Nascita di Tik” (una rassegna di tutte le opere dell’artista) e “Funerale di Futok” (la divertente ode a una penna ormai finita ma con una carriera importante alle spalle) – ideati da Pisano ma realizzati da Fabio Loi, un giovane di Tertenia appassionato di animazione – .  «Ho ritenuto necessario fare un filmato di qualità che riprendesse un mio lavoro».

Il tempo non basta mai per chi, come lui, ha una spinta continua a creare. Attende, paziente, che tutto quello che ha in testa possa trovare il suo posto nel mondo cercando, questo sempre, di non far andare in secondo piano gli impegni lavorativi e familiari. Ha esposto in Italia e non solo e per il futuro, oltre a progetti in stand-by – come il progetto Orione –, vorrebbe far uscire le sue penne dal territorio italiano.

Come missione, creare spunti di riflessione con i suoi lavori: «Perché ciò che faccio potrebbe far sorgere dubbi all’osservatore e innescare nuove idee, miglioramenti, innovazione e, non ultima cosa, il trascorrere dei momenti in un altro mondo, quello dell’arte, dove non ci sono né regole né cravatte». «Sto pianificando un assalto alla sede della BIC» scherza «vorrei contattarli per il progetto che riguarda le penne».

Ora si divide tra l’arte e il suo lavoro di agente penitenziario. Questa divisione non lo cruccia particolarmente, anche perché gli permette di staccare per un po’, di riordinare le idee, di dedicarsi poi alla sua arte con tutto un quadro ben chiaro nella mente. Inoltre, un suo nuovo progetto riguarda proprio il carcere: «Non appena il Carcere di Buoncammino è stato chiuso ho cominciato a raccogliere immagini e filmati della struttura prima che cambiasse la sua destinazione d’uso. Ad oggi diciamo di essere ad 1/3 del mio lavoro».

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