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Federica, “l’ipocondriaca” dal fiuto infallibile: “Sono sclerata? Si, ho la sclerosi multipla!”

Articolo di Laila Di Naro.

Federica Vacca ha una voglia di vivere pazzesca e la sua voglia di fare è inarrestabile. Eppure è affetta da una malattia degenerativa, la sclerosi multipla. Classe 1988 ed è una ragazza effervescente e spumeggiante. Usando il linguaggio di genere è una gladiatrice. A me, però, piace chiamarla gladiatore, rende di più. Ma ancor di più stimo il suo coraggio perché quando si tocca il suo lato b si prende in giro e dice disinvolta, «io porto il pannolone perché non riesco a trattenere la pipì». Tutto normale per lei. Come è naturale il suo sogno che custodisce nel suo cuore, diventare mamma. Presto assieme al marito pianificheranno questo lieto evento. E’ un esempio di donna verace, seppur piccola, è grande. E’ stata la figlia desiderata, il papà è non vedente e questo l’ha fatta crescere con un’idea dell’handicap un po’ “bislacca”.

Che bambina eri?

Ero vispa e curiosa, abituata a convivere con le malattie. Un babbo non vedente e una mamma che ha dovuto fare l’uomo di casa per mantenere me e mio padre. Mia zia ha un tumore al seno da 21 anni e mia cugina una forma gravissima di autismo non verbale. Dovrei abbattermi e invece no. Non lo permetto a nessuno, siamo forti con un attaccamento alla vita da far invidia.

Quando hai saputo che eri affetta da sclerosi multipla?

Avevo 17 anni quando ero in doccia e sentii una scossa attraversarmi la schiena e intorpidirmi le braccia. Il problema non passava e decisi di raccontarlo a mia madre. Feci una visita neurologica: tunnel carpale e ulnare bilaterale. Rimasi sollevata da questa diagnosi non troppo amara. Un anno dopo si bloccò la gamba destra. La strisciavo come se fosse morta. Iniziai a chiedermi perché il mio corpo non rispondesse ai miei comandi. Negli ospedali non fui però capita e i sintomi vennero sottovalutati, mi dissero che era colpa dell’ansia e che ero ipocondriaca. Non era affatto vero, i medici  non mi davano retta e io non potevo che chinare il capo e stare zitta ma sentivo i sintomi neoplastici di una metastasi che sicuramente si faceva largo nel mio corpo. La depressione mi assalì e finii in cura da diversi psicologi che non riuscirono a risolvere il mio problema. La cosa divertente è che mi ero autodiagnosticata la sclerosi multipla.

Quindi?

Esami su esami hanno accompagnato la mia vita per circa dieci anni. I sintomi della sclerosi peggioravano, non trattenevo più la pipì, il mal di testa e nevralgie mi rendevano stanca e assonnata, le mani tremavano. Ai medici non bastava ancora. La mia reputazione di sana di mente era andata a farsi benedire, quindi erano tutti sintomi “immaginari”.

Poi?

Nell’estate del 2014 mi venne un fortissimo mal di testa, andai dal neurologo il dottor Marcello Deriu, e ci tengo a fare il nome perché è uno dei pochi medici che non si è fermato all’apparenza della ragazza ipocondriaca, ma è andando ben oltre. Gli raccontai i miei dieci anni di tormento. Dopo un anno d’attesa per una risonanza mi disse che non ero matta, avevo la sclerosi, avevo ragione già da quel lontano 2006, i miei sintomi erano giustificati.

Come hai reagito?

In quel momento, capii che nelle mie mani c’era la reazione della mia famiglia intera. Decisi allora che sarei stata io a prendermi gioco del medico e chiesi: «E’ un tumore al cervello?». Lui stranito mi rispose: «No è sclerosi multipla». Io, ridendo: «Per fortuna, non volevo perdere questi bellissimi capelli!». Da li iniziarono tutti a ridere, non so se per il nervoso o perché avevano capito che quell’8 febbraio 2015 iniziava la mia nuova vita, la vita da sclerata.

Si può convivere con la SM?

Esistono diversi tipi di sclerosi multipla e per giunta non conosco nemmeno uno sclerotico che presenti gli stessi sintomi dei suoi “colleghi”. Vivere con la sclerosi è possibile, lo fanno tante persone, solo in Italia i malati di SM sono circa 70.000. Poi tutto dipende da come si affronta la malattia, non dico che è una passeggiata. Io ho dolori continui, porto il pannolone ed ho solo 29 anni, cammino male non riesco a fare lunghi tragitti, non posso ballare, correre, saltare. Vivo però la mia vita nel modo più normale che conosco, mi godo ogni giornata che riesco a passare sulle mie gambe, facendo quello che mi fa stare bene. Ecco magari la sclerosi mi ha tolto un po’ i freni, nel senso che mi butto sulle cose senza troppa paura, se voglio una cosa mi impegno e la prendo, non voglio avere rimpianti.

Oggi di cosa hai paura?

Beh ora come ora, avendo un marito ipovedente e un babbo non vedente, ho paura che quando i miei genitori saranno vecchi io non riesca a prendermi cura di loro e di mio marito. Ma poi ci penso e so che anche in quel caso troverò una soluzione, c’è soluzione a tutto tranne che alla morte diceva mia nonna e io porto avanti questa filosofia.

Cosa è per te la vita e la morte?

La vita è un dono che va vissuto al cento per cento con o senza malattie. La morte è la fine di questo dono, anche se non la fine di tutto, perché chi muore vive sempre nei ricordi di quelli che lo hanno amato e a cui ha fatto del bene… o del male dipende dai punti di vista.

Cammini sempre a testa alta, come tiri fuori questo coraggio?

Non è coraggio, è spirito di sopravvivenza, non ho nulla di cui vergognarmi. Vivo la mia malattia come un regalo, che mi ha permesso di mettere da parte il superfluo e di capire chi sta male cercando di stargli vicino. Cerco di dare voce a chi non c’è l’ha e questo mi fa avere la possibilità di camminare a testa alta, perché so che anche solo ascoltando la storia di un’altra persona la posso aiutare.

Per superare una malattia è importante il supporto dello psicologo, la fede o basta la forza in noi stessi?

Tutti affrontano la malattia a modo proprio, c’è chi si butta sulla fede e chi su lunghe sedute di psicoterapia. Io personalmente mi appoggio alla mia famiglia, a mio marito e ai miei 3 bellissimi cani, questo è tutto quello di cui ho bisogno.

Sei sposata e parli di tuo marito come un angelo custode. In programma ci sono i figli?

Mio marito è un santo già solo perché mi sopporta e supporta nelle mie pazzie! Per quanto riguarda i figli, sì certo arriveranno a tempo debito, un figlio ci piacerebbe tanto. Uno solo però, io sono stata una figlia unica orgogliosa e vorrei che anche mio figlio fosse un figlio unico, perché io ho imparato a non dipendere dagli altri e a riuscire a cavarmela sempre da sola.

Vitae, storie di vita……il tuo blog

Vitae è il progetto più bello che io abbia mai fatto, è un blog che tratta di storie di persone che affrontano la malattia in un’ ottica positiva. Leggerle ci fa capire la forza che esce fuori quando una persona si trova in difficoltà. Grazie al direttore di Sardegna 1 ho uno spazio settimanale nel programma mattutino “I due di via Venturi” ogni martedì. Così come ogni mercoledì va in onda su Radio Italia Anni 60 Sardegna c’è Vitae in Radio, dove parlo un po’ di salute, porto degli ospiti con le loro storie e anche qualche medico. Quindi vi invito a visitare il mio blog al sito www.vitae.blog, o la pagina Facebook, Vitae – Storie di vita, nuovi like non fanno mai male. Inoltre il 10 giugno ci sarà al Cesar’s Hotel a Cagliari alle ore 16.30 la presentazione del mio primo libro, edito da Amicolibro, dal titolo “Favole di bambini speciali“. Una raccolta di favole ispirate a storie vere di bambini che affrontano la malattia. Quindi la talassemia diventa una fata cattiva da sconfiggere, la Tourette una regina sirena solitaria e via dicendo.  Un modo bizzarro per spiegare ai bambini le malattie, senza troppe paure e in una maniera soft, in modo da abituarli alle diversità, visto che i bambini sono gli adulti del domani e solo loro possono creare una società migliore di quella di oggi.

Che donna è Federica?

Sono una donna senza peli sulla lingua, azzardata, testarda ma sensibile. Mio marito dice: ”O ti odiano o ti amano” e d’altronde è sempre stato cosi. Sono poco diplomatica ma sincera.

Cosa vedi nel tuo futuro?

Vorrei avere una sfera di cristallo per vedere il mio futuro ma purtroppo su internet erano finite. Vorrei tanto che il mio libro andasse bene e riuscisse nell’intento di sensibilizzare le nuove generazioni. Vorrei che il progetto Vitae, sul web, in radio o in TV, entrasse nelle case di più persone.

Come vuoi chiudere questa intervista?

La vita è bellissima con qualsiasi sfumatura prenda, non siamo tutti uguali ed è grazie a queste differenze che il mondo riesce ad andare avanti. Se le persone fossero più informate e cercassero un po’ più di mettersi nei panni di chi vive con un forte disagio, sarebbe una conquista. So cosa vuol dire non essere capita, creduta e sottovalutata e sono cose che fanno più male di una malattia, quindi per una società migliore, per un futuro migliore per i nostri figli cerchiamo di giudicare meno e aiutare di più. Un malato non si deve nascondere, ha solo da insegnare.  

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