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Abbattimento dei daini a Porto Conte: perchè, invece, non ripopolare altre zone dell’Isola?

Troppi daini, dicono i vertici della riserva di Porto Conte, e sono ormai decisi a dare il via a una campagna di contenimento (abbattimento, ndr) già approvata dal Ministero. Ma gli animalisti e Legambiente non ci stanno: perchè non considerare altre alternative possibili?

Ecco il parere di Legambiente: “La recente decisione di dare via libera all’abbattimento, seppur controllato, di Daini (Dama dama) nell’area del Parco di Porto Conte, senza considerare alternative possibili, rappresenta per la nostra associazione una scelta sbagliata, condizionata da situazioni locali piuttosto che da una effettiva e corretta attività di gestione della specie a livello regionale. Su tale scelta inoltre il Circolo Legambiente di Alghero raccoglie ed esprime un diffuso sconcerto e malcontento dei cittadini. Vengono contraddetti per di più gli stessi principi di sostenibilità ambientale e di pianificazione faunistico-venatoria, contenuti in atti adottati dalla Regione Sardegna che attribuiscono un ruolo importante alla conservazione, valorizzazione e gestione faunistica del nostro patrimonio faunistico (e il Daino ne fa parte), in modo da assicurare il mantenimento e il ripristino della biodiversità.

La presenza del Daino in Sardegna è un fatto piuttosto recente, frutto di reintroduzioni effettuate dall’ex Azienda Foreste Demaniali (oggi Agenzia Fo.Re.Stas), dopo la sua estinzione negli anni ’60 del secolo scorso, a causa dell’eccessiva pressione venatoria e del bracconaggio. Secondo quanto riportato dall’aggiornamento della Carta delle Vocazioni Faunistiche in Sardegna del 2012 (Sezione Ungulati), adottata dalla Regione Sardegna, la consistenza del Daino nell’isola si attesta intorno ai 750 individui con una popolazione comunque considerata scarsa o poco numerosa rispetto agli altri ungulati selvatici (Cinghiale, Muflone e Cervo sardo) e distribuita prevalentemente in recinti di ripopolamento, con piccoli nuclei che vivono in libertà in vicinanza dei recinti stessi.

Sulla base degli habitat idonei disponibili per questa specie, la Carta delle Vocazioni Faunistiche ha inoltre stimato che la Sardegna potrebbe ospitare circa 18.000 Daini. Si tratta quindi di una specie la cui popolazione attuale costituisce appena il 5% di quella potenziale e per questo motivo deve essere oggetto di un serio programma di ripopolamento o quantomeno di un piano operativo organico e coordinato a livello regionale in grado di gestire almeno il surplus di individui che si registrano nei recinti di ripopolamento. A tal proposito occorre anche rammentare che sono stati già individuati i comprensori ove la specie può essere oggetto di ripopolamento. Tra questi l’istituendo Parco naturale regionale di Monte Arci, il cui presidente del consorzio di gestione ha già dato la disponibilità ad ospitare i daini in sovrannumero nel Parco naturale di Porto Conte.

Legambiente Sardegna chiede pertanto che la scelta degli abbattimenti venga revocata invitando l’Assessore regionale della Difesa dell’Ambiente ad adottare un piano alternativo coerente con gli obiettivi della Carta delle vocazioni faunistiche e del Piano regionale Faunistico-venatorio. Quest’ultimo ha già superato positivamente la procedura di VAS ma è ancora inspiegabilmente in attesa di una sua definitiva approvazione da parte della Giunta regionale. Tale piano, oltre a prevedere una caccia programmata in Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), ove assicurare il legame del cacciatore al proprio territorio con presenze predeterminate e commisurare il prelievo venatorio alle effettive presenze e consistenze della fauna cacciabile, come previsto dalla legge quadro nazionale 157/1992 e dalla legge regionale 23/1998, ha individuato e sottoposto a tutela le aree maggiormente vocate per lo sviluppo di popolazioni di Ungulati selvatici, dove esistono le condizioni per procedere alla realizzazione di progetti di reintroduzione ed espansione di nuclei preesistenti. Allo stato attuale, a nostro parere, i principi della caccia programmata e della pianificazione faunistica non vengono attuati e così il nostro patrimonio faunistico non viene gestito correttamente, rischiando di impoverirsi ulteriormente se non verranno adottati gli strumenti di conservazione previsti.

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