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Compagnie telefoniche e pay tv. Ritorno con beffa alla fatturazione mensile

Le compagnie telefoniche ci riprovano e riescono di nuovo a scamparla – per il momento. Non sono bastate le sanzioni e le richieste da parte di Agcom (Autorità Garante nelle Comunicazioni) alle compagnie telefoniche e di pay tv per l’abolizione della fatturazione a 28 giorni. Ci è voluta una legge, la 172/2017, che ha cercato di porre un freno alle furberie degli operatori telefonici nella strutturazione delle loro offerte. Ma, si sa, fatta la legge trovato l’inganno. E infatti, da qualche giorno i clienti delle compagnie che ora costrette a riportare su base mensile la fatturazione, stanno ricevendo comunicazione dell’imminente cambiamento con qualche dettaglio poco rassicurante.

Parafrasando il contenuto del messaggio, gli operatori comunicano che a breve, vista le legge 172/2017, gli importi dell’offerta saranno ricalcolati su base mensile ma che i costi dell’offerta non cambiano. Sarà mantenuto fisso il costo annuale dell’offerta e calcolato dividendolo su 12 mesi, anziché su 13 mesi (come avveniva con la fatturazione a 28 giorni). In buona sostanza ci stanno dicendo che il cambiamento della fatturazione, se teoricamente avrebbe dovuto ridurre i costi delle offerte, li sta praticamente lasciando inalterati.

E se, purtroppo, né l’Agcom, né il Mise possono entrare nel merito delle tariffe stabilite dalle singole compagnie perché significherebbe limitare la libertà di impresa, ci sono alcuni punti poco chiari di questo passaggio che sono al vaglio dell’Agcom.

In questi giorni, infatti, ad attirare l’attenzione dell’Agcom sono state – come riporta il quotidiano La Repubblica – le modalità del passaggio della Tim, Tre Italia, Vodafone e Wind da un tipo di fatturazione all’altra. In primo luogo c’è la stessa comunicazione con la quale le compagnie stanno avvisando i propri clienti del passaggio alla vecchia fatturazione. Unica per informare sia sulla modifica della fatturazione che sul rincaro del prezzo (alcune indicano un 8,6% di aumento), mentre da regolamento le comunicazioni sarebbero dovute essere due. Inoltre, l’aumento del prezzo dell’offerta rientra fra le modifiche del contratto stesso che, in circostanze del genere si configurano come “modificazione unilaterale dei contratti” che – come ha ricordato il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda «deve sempre essere adeguatamente e preventivamente comunicata al contraente affinché a quest’ultimo sia consentito di decidere consapevolmente se continuare o meno il rapporto contrattuale».

Altra questione, poi, è quella della modalità di disdetta del contratto in negozio che la legge 142/2017 descrive bene e sulle quali, invece, gli operatori sarebbero un po’ vaghi con i propri clienti. Infine, ci sono i termini per la rescissione dei contratti che, secondo Agcom, devono essere di almeno 30 giorni mentre dalle comunicazioni ai clienti degli operatori sembra che il recesso sia possibile una volta diventato effettivo il cambiamento.

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