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Ogliastrini nel mondo. Da Tertenia a Parigi con la Sardegna nel cuore: l’esperienza di Lorenza Careddu

 

  

Lorenza Careddu nasce a Tertenia ventisette anni fa.  È un tecnico della Riabilitazione Psichiatrica. Durante la sua formazione – racconta la ventisettenne – svolge un Erasmus Placement in Francia. È una bellissima esperienza, grazie ad essa ha modo di conoscere un diverso approccio al mondo della psichiatria.

Da quel momento, la curiosità: amalgamare l’approccio riabilitativo italiano con quello francese è il suo chiodo fisso. Continua comunque gli studi in Italia. Una volta ottenuta la laurea, cerca un’occupazione che possa permetterle di crescere dal punto di vista professionale, che la arricchisca.

«Essendo anche un’amante dei viaggi,» dice, piena di passione «ebbi un colpo di fulmine verso una città in particolare, Parigi. Dalla prima volta che l’ho visitata, ho desiderato  viverci. Da allora son tornata a visitarla in media una volta all’anno. Ho lavorato per circa due anni in Sardegna, poi riflettendoci a fondo ho compreso che ciò che stavo imparando non mi bastava.»

Ah, Paris Paris. La città dell’amore le ruba il sonno. Facile far entrare nel proprio cuore questa meta ambita e apprezzata dove vecchio e nuovo si tengono per mano, dove le luci sono magiche ed estremamente brillanti – di una luminosità che incanta gli occhi e ammalia la mente –, dove le persone corrono per non perdere il ritmo di un mondo tanto bello e veloce da far paura.

Si arma di coraggio e, lasciandosi alle spalle le preoccupazioni e i rischi, fa la valigia.  Parte e sa già che quelle immense strade – quelle dove ci si può perdere, sì, ma anche trovare – avranno odore di casa, di sogno, di rinascita. I primi giorni sono surreali, per la giovane ogliastrina. «Ci vuole del tempo per realizzare che sta accadendo, quali sono le conseguenze delle proprie decisioni. L’ansia era il sentimento predominante del primo periodo, accompagnata da disorientamento ma anche felicità e stupore. Un bel mix insomma!»  Nulla la ferma, nemmeno la possibilità – della quale chi parte è ben conscio – di dover tornare a casa presto. «Sono partita pensando al qui e ora, non escludevo la possibilità di tornare in Sardegna dopo qualche mese, ma questo non mi preoccupava, avrei comunque potuto dirmi: “Hai desiderato vivere a Parigi e l’hai fatto. Forse solo per un mese, o per tre, ma l’hai fatto”.»

La lingua è la difficoltà più grossa per chi decide di guardare il cielo da un diverso lembo di terra.  «Avevo già una conoscenza base del francese che mi permetteva di cavarmela un po’ in tutte le situazioni, ma questo non basta. Ci vuole tempo, tanto tempo per riuscire ad avere la padronanza di una lingua, e i parigini sono particolarmente esigenti.»

Questo la fa stare male, ovviamente. Vacilla, si sente insicura. Ma non molla.  «Il non poter esprimermi davvero come avrei voluto, mai a pieno, mi ha riportata ad uno stato di insicurezza in cui non mi sentivo da tempo» rivela. Ma adesso va meglio, molto meglio: «Posso dire ora, dopo un anno e mezzo, di sentirmi sufficientemente a mio agio quando parlo il francese. Ho tanto entusiasmo e voglia di perfezionare sempre di più la conoscenza della lingua e, perché no, anche impararne delle altre». Inoltre, anche trovare un alloggio non è una passeggiata.  «Trovare un appartamento a Parigi è difficilissimo. C’è poco da fare gli schizzinosi!» scherza, poi continua: «C’è un sistema secondo il quale ogni papabile inquilino deve consegnare un dossier in cui dimostri, possibilmente, di avere uno stipendio di tre volte superiore al costo dell’affitto, un indeterminato, dei garanti che si rendono disponibili a coprire la spesa di affitto nel caso in cui tu non la pagassi e così via.»

Anche questo ostacolo viene superato presto da parte della ventisettenne di Tertenia.  «Io posso definirmi fortunata. Sono partita col mio ragazzo, abbiamo già cambiato tre appartamenti senza mai avere particolari problemi. Ora viviamo in un quartiere che amiamo, Il Marais, molto giovane, colorato e con tutte le comodità ad un passo da casa.»

Da un punto di vista culturale ed educativo, noi italiani siamo molto diversi dai francesi – dice Lorenza –, persino più di quanto non pensiamo. «Ma io sono una persona curiosa, le diversità non mi preoccupano, anzi, mi stimolano. Parigi è una metropoli, per cui si vedono senz’altro comportamenti diversi da ciò a cui siamo abituati, ma questo non è un limite, anzi, c’è tanta libertà di espressione e confronto fra culture differenti.»

Fino ad ora si è occupata di bambini, tuttavia le manca lavorare con gli adulti. Si sta muovendo in questo senso, ci spiega, e spera di raccogliere presto i frutti che sta seminando. La Sardegna le manca. Come dimenticare la propria terra, la stessa nella quale si sono spalancati per la prima volta gli occhi? «Mi manca il mare sopra ogni cosa, poter vedere le stelle in cielo la notte, ovviamente gli affetti che ho lì e le signore anziane che mi chiedono: “Figlia de chini sesi?”. Quando torno, cerco di passare più tempo che posso con la mia famiglia e con i miei amici, oltre che a godermi tutti i piatti tipici ogliastrini che commissiono con un bel po’ di anticipo!» ride.

Gli italiani all’estero, però, la meravigliano non poco. «Mi aspettavo molta più unione, e invece spesso e volentieri ci si scanna a vicenda, si passa tanto tempo a screditare l’Italia e gli italiani in maniera poco costruttiva, si dimentica il bello che l’Italia ha.  Fortunatamente esiste anche chi si dà manforte, ma penso davvero che tutto questo sia un peccato». Conclude: «È normale provare paura, un viaggio è un’esperienza, a prescindere dalle aspettative. Nulla può arricchirci di più. Chiudete gli occhi e buttatevi. Se poi cambiate idea, Mamma Sardegna sarà sempre lì ad accogliervi».

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