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Veleni di Quirra, oggi in aula la testimonianza del presidente del comitato Gettiamo le Basi, Mariella Cao: “L’uranio è solo una goccia in un mare di veleni”

Continuano con ritmi sempre più serrati le udienze del processo Quirra per ascoltare i numerosi testimoni chiamati a raccontare la loro versione dei fatti. Il processo vede imputati otto militari, operativi al Poligono Sperimentale Interforze di Quirra e nel Distaccamento di Capo San Lorenzo, in carica tra il 2004 e il 2010 (Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Gianfranco Fois, Paolo Ricci e Fulvio Ragazzon), accusati di omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri.

Mariella Cao, 73 anni, professoressa di francese in pensione, ha vissuto a Villaputzu per quindici anni e, col comitato Gettiamo le Basi di cui è presidente, si batte da tempo affinché si faccia chiarezza su quanto accaduto al Poligono di Quirra.

Di malati e morti di leucemia o di altre gravi e particolari forme tumorali ne ha visti tanti, al punto da tenere un registro che, col tempo, si è allargato enormemente, mostrando un’incidenza sul territorio di gran lunga superiore alla norma. Nemmeno la visita turistica al Poligono, così come definisce quell’evento del 2003, servì a rasserenarla. Anzi, se l’intenzione del generale Landi, autore dell’invito, era quella di mostrare l’ottima convivenza tra le attività militari e quelle civili, fu proprio quella visita a dare al comitato ulteriore dimostrazione del fatto che qualcosa di strano c’era. “C’erano buche circondate da ordigni integri ma arrugginiti lunghi circa un metro. -racconta la Cao- Mi venne detto che la bonifica non era ancora stata fatta”. Non ricorda cartelli di pericolo né recinzioni, e ha memoria di “agnellini saltellanti tra i carri armati” che, secondo la donna, erano motivo di entusiasmo per alcuni sindaci, che vedevano nel Poligono un modello ecologico.

La Cao e il suo comitato cercavano invece di portare all’attenzione pubblica l’anomalia di bestie che circolavano in una zona evidentemente contaminata, così come lo era la spiaggia di Murtas, in cui era normale trovare pezzi di lamiera fra la sabbia.

Analisi e ricerche svolte negli anni misero in luce la similitudine tra la sindrome del Golfo e dei Balcani, con quella di Quirra (e anche Teulada), accomunate dalla presenza delle stesse nanoparticelle nei tessuti di persone e animali. “L’uranio -racconta ancora la Cao- è solo una goccia in un mare di veleni.” Arsenico, tritolo, mercurio, torio, amianto e fosforo sono solo alcuni esempi di ciò che si trova negli ordigni utilizzati al Poligono. “Le informazioni sono abbastanza accessibili dai piani di sicurezza previsti per i produttori di armi” prosegue la donna.

Prima della Cao ha testimoniato Francesca Laudi, residente a Villaputzu dai primi anni ’00 con figlio e genitori. Il padre, assiduo frequentatore delle campagne dell’area del Poligono, si ammalò di tumore ai polmoni e nel 2010, dopo circa un anno dalla diagnosi, morì. L’evento, sommato a morti simili che coinvolsero persone a lei vicine, spinse la donna a presentarsi di sua iniziativa alla Procura di Lanusei per esporre l’accaduto.

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