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Columbu si dimette da presidente del Psd’Az: “Nel partito non c’è dialogo ma silenzio e ambiguità”

Un divorzio inatteso, che si consuma  in un momento particolarmente delicato per le sorti del Psd’Az. Lo sigla, non senza amarezza, il presidente Giovanni Columbu che, in una lettera inviata ai dirigenti dei Quattromori e ai militanti spiega le ragioni dell’allontanamento. “Cari amici sardisti, mi dimetto dalla carica di Presidente del Partito Sardo d’Azione. Il motivo – scrive Columbu – è che non posso accettare che il partito nato dal più generoso ideale di libertà e di progresso possa ridursi a coltivare posizioni tiepide e ambigue e continui a essere esposto alla tentazione di trattare con le forze politiche a cui dovrebbe opporsi”. Il regista ha preso in mano l’eredità del padre Michele, tra i fondatori del partito sardo, ed è stato eletto alla carica di segretario prima e di presidente poi, ma non accetta la deriva che , a suo dire sta caratterizzano l’azione politica del Psd’az.

“Sono trascorsi quasi due anni dall’ultimo congresso nazionale in cui deliberammo di adoperarci urgentemente e con tutte le nostre energie – si legge nel documento – per la convergenza della vasta e frammentata area delle formazioni indipendentiste e ancora non è chiaro se davvero stiamo promuovendo un’alternativa agli attuali schieramenti politici o se miriamo soltanto a sporadiche alleanze e inclusioni per tornare a trattare con i partiti italiani”. Un’ambiguità e uno stallo che si devono confrontare con l’attivismo della galassia indipendentista e sovranista che, in questi ultimi mesi, è alla ricerca, non senza difficoltà, di un dialogo e di un confronto tra le diverse anime.

“Questa permanente ambiguità è dovuta a una conduzione politica che si attua in modo solitario e sommesso, rifuggendo dal dialogo e nei momenti cruciali disertando il confronto nell’organo supremo del Partito, il Consiglio Nazionale.  La politica che primeggia – incalza l’ex presidente – è quella del silenzio, consona alle sfere occulte del potere, non a un partito che alla storia della Sardegna ha dato soprattutto un luminoso contributo di idee e che dovrebbe attestare la validità della causa che sostiene in primo luogo attraverso l’esempio dei propri comportamenti. Anziché mobilitare il Partito in una chiara e condivisa prospettiva strategica si seguono percorsi di cui si apprende solo a posteriori”.

Sulla decisione del dirigente hanno influito anche i recenti tentennamenti. “Intanto -sottolinea –  vengono scoraggiate le autonome iniziative dei sardisti affermando che la linea del Partito non è ancora definita. Il documento che nel mese di gennaio indirizzai ai sardisti esponendo una via possibile per ricostituire il Partito, per mettere fine alle divisioni storiche del sardismo e per reagire all’immobilità, avrebbe potuto suscitare giustificate reazioni di consenso o di dissenso. Invece, come sola risposta ha avuto il silenzio. Ricorro -è la sua conclusione  -all’estrema risoluzione delle mie dimissioni per rivolgere ancora un appello ai sardisti e riaffermare la necessità di una aperta riflessione sugli errori e le difficoltà che più volte hanno ostacolato la nostra azione”.

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