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Lucchetto al cancello del Cas di Sassari: a donne e minori richiedenti asilo vietato parlare con le attiviste dei diritti umani

«Non ci hanno lasciato parlare con le persone ospitate all’interno del centro di accoglienza straordinaria dell’ex discoteca Kiss kiss tra Sassari e Porto Torres». È questa la gravissima accusa di tre attiviste della campagna LasciateCIEntrare  che, dopo aver ricevuto delle segnalazioni su presunti abusi all’interno del CAs, ha tentato inutilmente di parlare con i migranti del centro gestito dall’associazione Janas International, in particolare con i soggetti più deboli:  donne e  minori.

Sabato scorso una delegazione della campagna, nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo), è tornata nel capannone sulla strada sterrata, a pochi metri dalla Statale 131 per monitorare la situazione, sotto la lente della Campagna già dal mese di giugno 2016, ben prima degli episodi di violenza che a ottobre portarono all’arresto di 10 migranti.

«Eravamo già state qui nel giugno del 2016 – raccontano le componenti della delegazione – e abbiamo chiesto di poter chiacchierare con qualcuno degli ospiti, in particolare con le donne che sappiamo essere ancora presenti nel centro». Nonostante le precedenti segnalazioni la situazione appare sempre più preoccupante. «Alla nostra richiesta l’operatore del centro ci ha accompagnato verso l’uscita del cancello esterno pretendendo un’autorizzazione per fare una chiacchierata anche all’esterno della struttura. Il custode lo ha chiuso in malo modo e lo ha bloccato con un lucchetto».  E così anche se nella struttura ci sono persone adulte e libere, senza il consenso del direttore non è possibile comunicare con l’esterno. «Gli ospiti e le ospiti di questo centro – incalzano  le attiviste – ‘appartengono’ al gestore o a chi in quel momento vi fa da custode».

Per la Campagna LasciateCIEntrare risulta particolarmente grave il fatto che un luogo del genere possa essere stato autorizzato ad accogliere persone e che ancora donne e minori si trovino qui, in dispregio a quanto previsto sulla tutela dei soggetti vulnerabili. «Chi garantisce l’incolumità di queste persone? Rappresenta questo un luogo sicuro?» sono le domande che esigono una risposta immediata.

 

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