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Sclerosi multipla. In Italia una diagnosi ogni tre ore, ma il sistema sanitario non sta al passo

sanità immagine simbolo

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Sclerosi multipla: sono circa 110mila gli italiani che convivono con la malattia e 3400 le nuove diagnosi registrate annualmente nella fascia d’età che va dai 20 ai 40 anni. Questo il quadro che emerge dal Barometro italiano presentato dall’Aism per la settimana di sensibilizzazione dal 21 al 29 maggio.

Il Barometro,  strumento in grado di misurare la realtà di questa complessa condizione, svela una realtà allarmante: si stima che ogni tre ore in Italia ci sia una diagnosi di SM.

Si tratta di un’autentica emergenza sanitaria e sociale, quella rappresentata dalla malattia che per Angela Martino, Presidente della Conferenza Persone con SM della Associazione Italiana Sclerosi Multipla, necessita di interventi urgenti e immediati. “Per rendere concreti i diritti delle persone con sclerosi multipla – spiega – è urgente intervenire sulle politiche sanitarie rafforzando la garanzia di livelli essenziali per la diagnosi, cura, e assistenza, valorizzando la rete dei Centri per la presa in carico e sostenendo la ricerca scientifica e sanitaria per un ritorno diretto sulla nostra qualità di vita”

Dall’indagine emerge che il costo medio annuo per ogni persona con SM ammonta a 45.000 euro, per un totale di quasi 5 miliardi di euro all’anno in Italia. A questi costi si aggiungono i costi intangibili, stimati come oltre il 40% dei costi totali.

Un impatto economico direttamente proporzionale  alla gravità della patologia: si stima che nelle prime fasi il costo per il trattamento della malattia si  aggiri intorno ai 18.000 euro. Per le forme gravi invece, il costo medio si aggira intorno agli 84.000 euro.

I costi sanitari a carico del SSN rappresentano il 34% del totale mentre i costi non sanitari, prevalentemente a carico di malati e familiari sono il 37% del totale.

Il Barometro presenta inoltre una mappa della rete italiana dei centri clinici per la SM:  il rapporto fra neurologi strutturati e pazienti è di 1 a 300 e quello fra infermieri e assistiti di 1 a 195. Rapporti che, come spiegano gli esperti, sono assolutamente inadeguati a garantire una presa in carico globale e una adeguata continuità di relazione tra sanitari e paziente.

 

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