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Antiche tradizioni ogliastrine. La medicina popolare: pozioni curative contro i malanni e il malocchio

La Sardegna è da sempre descritta come un’isola incantata, connubio di miti, tradizioni misteriose e aspetti affascinanti. In particolare l’Ogliastra, terra isolata e selvaggia, è una provincia ricca di segreti magici, custoditi gelosamente, sussurrati e tramandati all’orecchio di pochi eletti. Uno di questi aspetti è la medicina popolare. Fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, non solo per motivi di carattere geografico, ma anche culturale, ha esercitato un ruolo importante l’utilizzo di erbe e altri elementi naturali del territorio per guarire da malattie fisiche o disturbi psichici.

Impacchi, sciroppi, tisane ma anche particolari fatture contro il malocchio o le malelingue, venivano prima utilizzati come cure laddove la medicina tradizionale ancora non era arrivata.

Degli esempi? Sfregare l’aglio con dell’olio d’oliva sulla pianta dei piedi, secondo antiche tradizioni, aiuta a far passare la febbre. Il timo invece era utilizzato come cura non solo contro la tosse e il mal di gola – in particolare se secco – ma anche come rimedio per malattie intestinali: dalle foglie bollite si ottiene infatti un decotto amaro, utile a regolarne i disturbi. Gargarismi di vino bollito con menta venivano impiegati invece per combattere il mal di denti, mentre come depurante dell’organismo era utilizzata la cicoria. Dagli antichi racconti si scopre per di più che il liquido di quest’ultima erba, ottenuto attraverso una lenta bollitura, facesse abortire.

Raffreddore? Un decotto dai fiori del sambuco, molto diffuso in Ogliastra, secondo la tradizione aiuta a ridurne i sintomi, in particolar modo se raccolti durante il periodo di Pasqua e San Giovanni. Aggiungendo poi al decotto anche le foglie del sambuco, sarebbe inoltre possibile ottenere un valido rimedio contro la bronchite.

L’antica medicina popolare, attraverso il sapiente utilizzo dei frutti della natura, era anche in grado di porre rimedio contro “is frastimmusu” (ovvero le maledizioni) o il malocchio. Si narra che le foglie lunghe dell’asfodelo (pianta della famiglia delle Liliaceae, facile da trovare in particolare nelle zone d’Ogliastra vicine al mare) fossero utilizzate dalle fattucchiere per confezionare le bamboline da portare sempre con sé contro il malocchio.

Abbinare poi alla recitazione dei “brebus” (formule contro il malocchio) o di preghiere quali il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Credo, l’utilizzo di ingredienti, da portarsi dietro in candide sacchette di tessuto bianco, quali grano, sale, orzo, riso, pietra, corno (di muflone, cervo o bue), o ancora occhi di Santa Lucia, sarebbe invece una pratica utile sempre contro il malocchio o le maledizioni. Nel caso in cui il malato presentava sintomi tali da non lasciare speranza di vita, ai familiari spettava il compito di porre fine all’agonia del proprio caro, chiedendo l’intervento di quella misteriosa figura incaricata di procurare la dolce, immediata, fatale morte: la femmina “accabbadora”, letteralmente “colei che finiva”. Ma questa è tutta un’altra storia.

Nonostante la medicina tradizionale abbia ormai soppiantato da tempo quella popolare, molti di questi aspetti “magici” dell’antica tradizione ogliastrina e sarda in generale, non sono andati persi. Da un recente studio risulta che nell’isola, oltre mille guaritori tradizionali siano ancora in attività, e che le persone che ancora oggi fanno ricorso a questo differente sistema di cura siano oltre centomila.

 

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