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Rubrica giovani. Tirannica democrazia tra i banchi di scuola

Esiste la democrazia intesa come bene assoluto e imprescindibile?  Si può contrastare il potere della maggioranza concepita come entità sociale? E perché è sempre la maggioranza ad avere ragione, e, di conseguenza, a conseguire vittorie, il più delle volte in modo ingiusto e purtroppo depravato e corrotto?

Tante domande alle quali è complicato fornire risposte oggettive e schiette. Già da tempo, ormai, è stato riscontrato che in un qualsiasi contesto sociale, (a scuola come in ambito politico) sia sempre quel 70% di persone (semplici e tradizionalisti seguaci di leader caparbi) a prevalere e ad imporre le proprie regole ed opinioni, sovente a svantaggio del restante 30% di persone che costituisce, purtroppo, una netta minoranza all’interno della società. Un esempio banale e concreto? In una classe del Liceo Classico Statale G.M. Dettori di Cagliari, nel mese di febbraio dell’anno 2015, è stata avanzata la proposta di un viaggio d’istruzione; ma dove? La maggioranza, appunto, ha suggerito Praga, Vienna, Barcellona, Parigi, Londra: mete assolutamente improbabili, soprattutto per una classe seconda. Una studentessa, invece, ha obiettato, consigliando Roma come luogo di visita. Per motivare la sua idea, la ragazza ha aggiunto: “Non conosciamo nemmeno la nostra terra natale: come pretendiamo di bighellonare per una città di cui sappiamo solo le caratteristiche principali e fondamentali? In ogni caso, ho contattato Concita De Gregorio, conduttrice di un programma televisivo intitolato Pane Quotidiano, in cui si analizzano varie tematiche quotidianamente, tramite recensioni di libri e interviste effettive agli autori dei volumi esposti. Potremmo approfittare di questa opportunità e magari effettuare un viaggio d’istruzione nella capitale.”

La proposta dell’alunna è stata ripiegata come seconda scelta dagli insegnanti blasé e assolutamente bocciata dai suoi compagni di classe, con mormorii di ironia noncurante: “Sinceramente, non stiamo andando in viaggio per stare seduti ad ascoltare la schedatura orale di un libro”, oppure “L’intenzione di tutti è quella di andare fuori Italia, in Francia, in Inghilterra o in Spagna”, o ancora “Ma io non sono abituata alle telecamere, chissà quale imbarazzo se venissi inquadrata, e poi, che noia! Come ci divertiamo? Scopo del viaggio d’istruzione è quello di socializzare!” La ragazza, a denti stretti, è stata evidentemente costretta ad ingoiare il boccone amaro, senza insistere, ma con la certezza che, alla fine dell’anno, non sarebbe stato organizzato alcun viaggio d’istruzione. E aveva ragione.

Si parla ancora di assente democrazia anche quando si affronta l’argomento ‘valutazione’. Ci si domanda, con crescente sgomento, quali fattori al giorno d’oggi influiscano concretamente sul giudizio conclusivo. Cosa permette all’alunno di raggiungere il proprio obiettivo? Secondo un sondaggio pubblicato sul portale del sito , oltre che conoscenze, competenze e abilità, fanno parte del giudizio l’impegno, la partecipazione, l’interesse, il desiderio di migliorare nell’apprendimento e nei risultati, la presenza assidua alle lezioni, l’effettiva dimostrazione di studio domestico. Purtroppo, tutti questi elementi, sebbene siano fondamentali alla formazione culturale dei ragazzi, non vengono riconosciuti. O forse si finge di non riconoscerli?

Nella scuola Italiana d’oggi vengono supportati coloro che non studiano e che non provano interesse verso alcuna materia scolastica, al fine di dipingere la scuola come un ambiente sereno, non severo, ma contemporaneamente prestigioso. Al contrario, (paradossalmente!) le eccellenze (e quindi tutte le persone che studiano con costanza, non il giorno precedente al compito in classe, che rispettano le regole imposte dai professori, che con onestà si impegnano a dare il meglio) vengono svilite, avvilite e svalutate. E pare addirittura che ai ragazzi brillanti si prediligano gli studenti che ripetono leziosamente a memoria l’argomento assegnato, gli studenti che tendono a verbigerare durante un’interrogazione, coloro che giungono alla punta contudente del discorso attraverso interminabili labirinti di parole apprese in maniera apatica.

Dunque, come si può rispondere al quesito d’esordio? Si può credere ancora in una sorta di buonsenso comune?

 

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