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Sul caso della ragazza vittima di cyberbullismo a Tortolì. Il parere dello psicologo

Sulla vicenda accaduta alcuni giorni fa a Tortolì riguardo la ragazza vittima di cyberbullismo, abbiamo voluto sentire il parere di uno specialista, lo piscologo psicoterapeuta Giovanni Delogu, per capire le motivazioni che spingono gli adolescenti a tali comportamenti.

 

“La parola “condividere” oggi ha un significato preciso, diverso dal passato: smartphone, tablet, notebook, social network, capaci di generare un passaparola virale impensabile fino a 10 anni fa; ma attenzione: tanta libertà diventa una condanna se usata a spese altrui.
E’ quello che è accaduto alla ragazzina di 14 anni di Tortolì, tradita nella fiducia da un ragazzo di 16 al quale aveva inviato delle foto provocanti, il quale le ha girate su whatsApp agli amici creando un passaparola virtuale che si è diffuso come una pandemia.
Il fenomeno dell’inviare foto in pose sexy, prende il nome di sexting, fusione delle parole sex e texting, cioè l’invio di messaggi e foto dai contenuti sessualmente espliciti, e di naked selfie, l’autoscatto senza veli. Alla base il bisogno narcisistico di mettersi in mostra, ricevere apprezzamenti, provocare, un gioco tra ragazzi che scambiano per messaggio le intimità del proprio corpo per confermare la stima di sé e l’ostentare ciò che riteniamo possa piacere all’altro. Il rischio che si corre è che qualcuno tradisca questa fiducia, facendo un uso indiscriminato delle foto ricevute.
Questa fattispecie rientra a tutti gli effetti nel cyberbullismo – un tipo di attacco personale e diffamatorio perpetuato attraverso la rete – che Nancy Willard, direttore del Center for Safe and Responsible Internet Use (centro per uso sicuro e responsabile di Internet), nella sua classificazione dei comportamenti identificabili nel cyberbullismo, definisce “trickery”, ingannevole. Le conseguenze psicologiche sono molto gravi, soprattutto per l’etichetta sociale, i commenti a voce più o meno alta e l’emarginazione pubblica alla quale viene sottoposta la vittima.
Come l’ex “star wars kid”, Ghyslain Raza, che nel 2003 per via di un video reso virale su internet dai compagni, abbandonò la scuola tra le umiliazioni e l’imbarazzo, finendo l’anno in un reparto psichiatrico per bambini con una diagnosi di depressione maggiore.
I genitori citarono in giudizio le famiglie di 3 compagni di scuola, ottenendo un risarcimento di 250.000 dollari, creando una allerta sociale per i fenomeni inerenti il cyberbullismo.
Per contrastare il fenomeno, un pieno supporto da parte delle istituzioni scolastiche (che spesso minimizzano il problema) è indispensabile, come colmare il vuoto legislativo nazionale con pene certe per i trasgressori. Ma non va dimenticato che gli autori di questi episodi sono degli adolescenti – certo, imprudenti- ma che non hanno piena percezione della conseguenza di certe loro azioni. Per questa ragione degli interventi psicoeducativi mirati nelle scuole rappresentano l’arma di prevenzione primaria.
Ma come sempre, la tecnologia è più immediata delle istituzioni, e l’applicazione americana snapchat permette di inviare foto e video che si autodistruggeranno in un tempo predeterminato. Un provvedimento relativamente più sicuro degli sms, ma che è stato al centro di polemiche per il furto di immagini di note celebrità americane. Insomma, occhi aperti.”

Dott. Giovanni Delogu

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