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Tra cuoio e spago: intervista ad Antonio Meloni, calzolaio di Lanusei

ciabattino di LanuseiAntonio Meloni, calzolaio di Lanusei, nel suo laboratorio fa rivivere gesti antichi e la passione di un’arte tramandata da generazioni.

Quando ha iniziato a fare questo lavoro?

 

Ho iniziato intorno agli anni ‘50, all’età di 12 anni come “discenti” ossia come apprendista di mio padre che aveva la sua bottega in via Tortolì.  La calzoleria era ricavata in un piccolo ambiente stretto e buio, dove tutto era ridotto all’essenziale: uno sgabello per me, una sedia per mio padre, un banco da lavoro illuminato da una lampadina da 25 volt avvolta da un pezzo di cartone a mo’ di  riflettore. Anche gli attrezzi del mestiere erano ridotti al minimo: martello, trincetto, pinze, lesina, spago e pece.

 

Qual è la prima cosa che ha imparato a fare?

 

Ricordo che la mia prima mansione fu quella di raddrizzare i chiodini usati.  Nel primo periodo mio padre mi impiegava più che altro come “piciocheddu de is cumandus”. Mi mandava a fare le commissioni e soprattutto a procurare il vetro che serviva per lisciare le suole delle scarpe.

 

Quando è diventato maestro calzolaio?

 

Sono diventato maestro calzolaio intorno ai vent’anni e poco tempo dopo mio padre mi ha affidato la conduzione della bottega. Nel 1965 ho iniziato a meccanizzare la calzoleria comprando la prima macchina per cucire e una pressa per incollare le suole e i tacchi delle scarpe. A poco a poco la bottega si è trasformata in un vero e proprio laboratorio.

 

Che differenza c’è tra una bottega e un laboratorio?

 

Un laboratorio moderno si distingue da una bottega tradizionale per la progettazione, la razionalizzazione del lavoro, la sicurezza, la varietà e la qualità dei prodotti soprattutto nelle rifiniture. Inoltre cambiano i tempi di produzione. Ricordo che nella bottega di mio padre il lavoro si accumulava con facilità.  Si lavorava dal mattino fino alla sera per cercare di soddisfare le tante richieste e quando si finiva si finiva. Per questo si diceva “foeddu de sabateri”, parola di calzolaio, per indicare una promessa che non veniva mantenuta.

 

Oggi cosa produce?

 

Ovviamente mi sono adattato ai tempi e alle nuove esigenze della clientela. Il nostro laboratorio non è più solo calzaturificio ma anche pelletteria. Produciamo scarpe di ogni tipo, ma anche borse alla moda e cinture. Negli ultimi anni poi ho iniziato a confezionare selle e finimenti per mascalcia.

 

Dove vende i suoi prodotti?

 

Partecipo a fiere e sagre in Sardegna ma sono stato diverse volte a Milano, e in varie esposizioni sparse per l’Europa. Ho anche un sito internet per le vendite online. Il nostro forte però resta la vendita diretta al cliente in laboratorio oppure nei nostri due punti vendita a Lanusei e a Tortolì!

 

Consiglierebbe questo lavoro a un giovane?

 

Certo, l’ho consigliato anche a mio figlio che è l’erede della mia attività. Quando ero giovane, Lanusei era il paese dei calzolai: erano più di dieci e c’era lavoro per tutti. Ovviamente oggi non ci si può limitare alle riparazioni, ma bisogna adattarsi al mercato che cambia e alle nuove esigenze della clientela.

 

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